Ci ha scritto un bravissimo ragazzo che si chiama Diego. Non vogliamo cambiare il testo, perchè siamo stupefatti dalla sua voglia di fare. E' entusiasta !
Durata e partenza del viaggio: la partenza è fissata per sabato 25 Luglio, rientro per domenica 2 Agosto.
Mezzo di trasporto: si andrà giù in bus. Stefano sta cercando un pullman che parta da Bolzano e che prima di avventurarsi oltre frontiera faccia una tappa a Trieste, ma faremo il possibile per far partire il pulman da Torino.
Programma di massima del viaggio:
Tappe da affrontare lungo il percorso: Prjiedor, Tuzla, Srebrenica, Sarajevo, Mostar e ritorno
Prjiedor : Incontro con Agenzia della Democrazia Locale, e con i progetti di ricostruzione del tessuto civile tra etnie che solo da pochi anni hanno ricominciato a parlarsi. Questo grazie a dei progetti italiani che stanno lavorando proprio sulla ricostruzione non violenta della memoria, in una delle zone più devastate dalla guerra.
Sarajevo, la capitale della Bosnia Herzegovina: in città ci sono realtà giovanili partner di Adopt Srebrenica e con loro ci saranno degli incontri. La maggior parte del tempo sarà spesa nella visita a questa splendida e martoriata città, quindi tempo libero a sufficienza anche per visite guidate o autorganizzate ci sarà di sicuro.
Srebrenica: è la città al centro del progetto Adopt Srebrenica, come potete immaginarvi. Lì è presente un gruppo locale che si occupa da vari anni di "ricostruire" quel che è possibile.
Qui potete rendervi conto di quali siano gli obbiettivi a medio e lungo termine del progetto. Ci saranno quindi incontri con comunità locali e con i volontari italiani e bosniaci del progetto. Non mancherà una visita al memoriale che ricorda la strage del '95.
Tuzla: ci sono un pò di cose da vedere in città, a cominciare dalla visita del luogo in cui nel 1993, scoppiò una bomba in centro città che uccise soprattutto giovani che erano lì presenti. A Tuzla è presente poi Tuzlanska Amica, il maggior partner del progetto in terra bosniaca, e quindi ci sarà la possibilità di confrontarsi anche qui con persone che da anni stanno operando per dare un futuro alle popolazioni locali.
Mostar: è un piccolo paese, famoso perchè durante la guerra era diviso in due dal ponte che sovrastava la Neretva, e che divideva il paese in due, da una parte i croati, dall'altra i bosniaci. Il ponte fu distrutto dalle bombe, adesso è stato ricostruito. Un luogo-simbolo quindi.
Caratteristiche del viaggio e sistemazione.
Come potete immaginare, il viaggio ha due direttrici principali. Da un lato la possibilità di affrontare la tematica guerra/memoria/ricostruzione della società civile, dall'altro quella della scoperta della Bosnia come luogo tipico per cultura, religione, e ultimo ma non per importanza, gastronomia ( non so chi di voi sia già stato da quelle parti, ma i momenti gastronomici sono piuttosto importanti e sono i migliori per intrattenersi con la gente del posto per conoscersi). Non mancheranno naturalmente momenti autogestiti per girare le città e "alleggerirsi". A Tuzla tra l'altro, in quei giorni dovrebbe esserci un festival sui diritti umani con un bel pò di musica balcanica. Per la sistemazione: a Prjiedor e Srebrenica si dormirà presso alcune famiglie, mentre a Tuzla e Sarajevo in strutture ospitanti (pensioncine).
Prezzo del viaggio: ad oggi la quota fissata è di 400 euro a testa. Comprende viaggio, sistemazione presso famiglie e piccole pensioni per 7 giorni, colazione (che in Bosnia risulta essere un pasto notevole) e un pasto al giorno per 7 giorni. A seconda della città e del programma di visita e di incontri, i pranzi saranno a volte organizzati (magari presso le strutture associative che andremo ad incontrare) e altre autogestiti. Tenete conto che nella città più cara, Sarajevo, un pranzo soddisfacente (è un eufemismo) non costa più di 6-7 euro. La quota comprende anche una minima copertura assicurativa, oltre che guide, traduttori, e materiale vario di tipo culturale.
Stefano mi ha fatto presente che se il numero dei partecipanti da Torino è alto, la quota può anche scendere. Un congruo numero di persone affinchè questo avvenga potrebbe essere tipo 20. Ma in realtà siamo senza limiti, perchè se tra i torinesi e i brianzoli si dovesse essere in tanti, si affitterebbe un pullman in più. Ho fatto un giro in rete, per capire se la cifra è da considerarsi giusta. Nessuna agenzia di turismo sostenibile (tale è da considerarsi il nostro tipo di viaggio) per una settimana di giro in Bosnia fa spendere meno di 500/600 euro, e anche di più. Il prezzo è più che onesto, ed è dato quasi del tutto dal costo del viaggio di a/r. Io acchiapperei a volo l'offerta.
Quello che vi invito a fare è :
- comunicarmi a questo indirizzo email (diego.acampora@gmail.com) la vostra adesione, se ne siete già convinti;
- parlarne in giro e inoltrare questa email presso vostri contatti o reti di persone che reputate potenzialmente interessate alla cosa. Si raccoglieranno adesioni fino alle fine (Stefano mi ha raccontato che l'ultima volta era quasi riuscito a far salire gente lungo il percorso...), ma allo stesso tempo, è cosa buona e giusta se, in queste due settimane, si riuscisse ad avere un'idea di quante siano le persone interessate;
- naturalmente chi di voi vuole sfruttare l'occasione per "coprire" l'evento viaggio da un punto di vista video-audio è molto ben accetto;
- prima della partenza ci sarà sicuramente a Torino un incontro formativo con volontari del progetto Adopt Srebrenica, in modo da non partire completamente sprovveduti;
Ricordate: diego.acampora@gmail.com
Un saluto
Diego
Per le foto ringraziamo la nostra favola Domenico .
Il post è dedicato a Mirza e Adnan di Tuzla. Un bacio grande grande.
Spero che i partecipanti a questo viaggio li possano incontrare perchè sono favolosi !
Thanks to Dusko for the bridge's photo
Ricordate sempre questo video: tko je poceo rat
martedì 30 giugno 2009
lunedì 29 giugno 2009
I disegni di Dita
I was born at 11.8.1986 on the north of Czech Republic and I have one lovely sister. I was attending primary school there and then I moved in Prague (cap.city) to study secondary art school. I spent in Prague 5 years (I love that city, it is realy beautiful) untill I met my lovely husband from Bosnia there. Love on first sight we could say :) we were traveling through Europe and then we settled here in Slovenia.
I'm painting since i know for myself, I allways knew that art is my life. One speciality: i sold some of my first pictures early in primary school, mostly teachers were interested. Today i mostly make portraits orders, human body is too much interesting and beautiful for me. I would like to paint also other motives but I allways do something with people mostly.
I appreciate your job and thank you very much for doing that. I'm honoured with your interest - Italia is one great piece of art for me, a lot of artist come from there...
Lep pozdrav od Dite !!
I'm painting since i know for myself, I allways knew that art is my life. One speciality: i sold some of my first pictures early in primary school, mostly teachers were interested. Today i mostly make portraits orders, human body is too much interesting and beautiful for me. I would like to paint also other motives but I allways do something with people mostly.
I appreciate your job and thank you very much for doing that. I'm honoured with your interest - Italia is one great piece of art for me, a lot of artist come from there...
Lep pozdrav od Dite !!
domenica 28 giugno 2009
Il diario di viaggio di Gennaro (seconda parte)
(prosegue da qui)
...Alla fine del ponte, poste ai lati della strada, incontrammo un gruppo di antiche e basse case e subito dopo la triplice porta della fortezza di Petrovaradin. Da questo punto la strada scorre lungo il fianco una bassa collina alla cui sommità si trova la fortezza (progettata da Vauban) di Petrovaradin.
Sui fianchi della collina un magnifico, enorme parco meticolosamente mantenuto (e con grande sforzo economico, credo).
Qualche centinaia di metri oltre scesi alla fermata consigliatami da un cortese giovanotto sull’autobus. Incominciai a chiedere ai pochi in giro a quell’ora, di ulica Marina Drizgca, o dell’albergo Sveti Georgij.
Ad un distributore di benzina beccai la dritta giusta e finalmente giunsi alla mia ulica e al mio albergo: una viuzza trasversale al vialone che dopo le prime due o tre basse case mostra già delle fattorie e sul fondo la pretenziosa costruzione a tre piani dello Sveti Georgij in uno stile tra l’alpino e il bizantino modernizzato nei colori bianco e verde acqua posto di fronte ad una chiesetta in globata in una costruzione nello stesso stile dell’albergo che incredibilmente esibiva statue di gesso di ninfe completamente nude.
Ad accogliermi nella linda hall, abbellita con riproduzioni di icone di santi orientali, una piccola e sottile sessantenne con una mano fasciata che mentre verificava la mia prenotazione e controllava i miei documenti mi guardava sottecchi con viva curiosità.
Salii nella mia stanza, doppia, in un sottotetto a falde spioventi dignitosamente arredata con mobilio negli stessi colori della costruzione, pulita con bagno grande e confortevole ma senza bidet.
Mi abbandonai subito alle braccia di Morfeo per un sonno ristoratore.
Dopo aver dormito fin verso mezzogiorno, dopo lunghi sbadigli mi avviai a piedi lungo la strada che da Petrovaradin porta al centro della città.
Riattraversai la porta, il ponte e di li mi diressi in un mercato rionale sito in una traversa perpendicolare al lungofiume; di lì mi recai in un menianicnica per cambiare la valuta.
Mi resi conto, subito, che a questo riguardo, in Serbia funziona in tutt’altro modo che in Ungheria: il cambio è uguale dappertutto e non puoi avere brutte sorprese.
Attraversata qualche altra stradina e mi ritrovai nella stari grad.
Essa è una vasta area pedonale che comprende numerose strade di epoca asburgica, molte chiese, di cui una cattolica proprio sulla piazza principale della città. L’intera zona è popolata da innumerevoli bar, eleganti, con centinaia di tavolini all’aperto e molti negozi ben forniti tra cui spiccano quelli di una locale catena che vende manufatti in pelle prodotti a mano.
Mi informai da qualche passante se ci fosse un ristorante tipico e camminando in un vicolo appresso all’altro lo trovai e mi sedetti. Era gestito da una giovane coppia in cui lui era alto e scheletrico e lei bassina e tonda, tra i pochissimi che non parlavano inglese, ma non ebbi problemi a fargli capire quello che volevo: cevapci, insalata e birra. Tutto buonissimo, la carne in particolare e pagai circa 1000 din.
Ritornai a passeggiare ancora un pò per città ma poi vinto dalla stanchezza mi riavviai verso Petrovaradin. A metà strada fermai in un Bar con i tavolini sistemati sotto un tendone e sorbii un’ottima Jelen pivo scherzando per un pò con una bella, vivace e simpatica cameriera che per indicarmi la Jelen mi aveva fatto il segno delle corna.
Arrivai in albergo alle 17.00 e mi ridistesi sul letto.
Dopo un paio d’ore riuscii, me ne tornai nella stari grad stari. Dopo più di qualche birra vidi passare una bella ragazza che pare mi avesse ammiccato. La seguii per un pò. Uscimmo dalla stari grad ed arrivammo su un elegante boulevard, lei si fermò ad una fermata dell’autobus ed io anche; intanto, mentre, stavo disperatamente rimuginando su quale fosse il pretesto migliore per attaccare bottone arrivarono due ventenni visibilmente ubriachi, due giovanotti aitanti. Avevano preso di mira proprio la ragazza che io avevo seguito nonostante ella fosse visibilmente più vecchia di loro. Per evitare problemi alla sconosciuta, forse per un tardivo rimorso, attirai l’attenzione dei due interloquendo in inglese. Essi, due studenti universitari, non ebbero difficoltà a rispondermi in un inglese assai migliore del mio e si rivelarono subito molto cordiali.
Mi invitarono ad una fantasmagorica festa, a loro dire, nelle mura della fortezza di Petrovaradin che avrebbe rinverdito i fasti di Exit e dove le ragazze “suck” sic... Io non volevo seguirli, immaginavo che con loro mi sarei facilmente trovato nei casini e da straniero non mi sarebbe stato così facile sfangarmerla. Alla fine per non mortificarli, considerato anche che mi sarei comunque trovato vicino casa, decisi di andare con loro.
Prendemmo l’autobus senza pagare il biglietto e senza che l’autista ci dicesse nulla. Scendemmo a metà strada per casa mia, imboccammo uno sterrato sulla collina di Petrovaradin, superammo la porta d’ingresso della fortezza, ci dirigemmo in un prato deserto e buio e li manifestai loro la mia perplessità, spiegandogli che dalle mie parti quello era un posto del xxxx, proprio dove non andare a quell’ora di notte.
Mi dissero di non preoccuparmi perchè non c’erano problemi. Trovammo ad un certo punto un auto con i fari accesi davanti ad una lunga e bassa galleria ricavata nelle mura della fortezza, davanti all’auto due giovanotti di cui uno molto ben impostato. I miei gli mostrarono i loro inviti e garantendo per me dicendo che ero uno stranac. Superammo la galleria malamente illuminata dai lumini e ci trovammo in uno spiazzo erboso circoscritto dalle mura della fortezza.
Davanti ad una vecchia costruzione di mattoni facente parte del complesso, era montato un piccolo palco dove erano sistemati gli strumenti di un D.J. ed un bancone da bar con annessi e connessi, forse un residuo di Exit, di cui erano evidenti alcune strutture ancora non smontate.
Mi invitarono ad una fantasmagorica festa, a loro dire, nelle mura della fortezza di Petrovaradin che avrebbe rinverdito i fasti di Exit e dove le ragazze “suck” sic... Io non volevo seguirli, immaginavo che con loro mi sarei facilmente trovato nei casini e da straniero non mi sarebbe stato così facile sfangarmerla. Alla fine per non mortificarli, considerato anche che mi sarei comunque trovato vicino casa, decisi di andare con loro.
Prendemmo l’autobus senza pagare il biglietto e senza che l’autista ci dicesse nulla. Scendemmo a metà strada per casa mia, imboccammo uno sterrato sulla collina di Petrovaradin, superammo la porta d’ingresso della fortezza, ci dirigemmo in un prato deserto e buio e li manifestai loro la mia perplessità, spiegandogli che dalle mie parti quello era un posto del xxxx, proprio dove non andare a quell’ora di notte.
Mi dissero di non preoccuparmi perchè non c’erano problemi. Trovammo ad un certo punto un auto con i fari accesi davanti ad una lunga e bassa galleria ricavata nelle mura della fortezza, davanti all’auto due giovanotti di cui uno molto ben impostato. I miei gli mostrarono i loro inviti e garantendo per me dicendo che ero uno stranac. Superammo la galleria malamente illuminata dai lumini e ci trovammo in uno spiazzo erboso circoscritto dalle mura della fortezza.
Davanti ad una vecchia costruzione di mattoni facente parte del complesso, era montato un piccolo palco dove erano sistemati gli strumenti di un D.J. ed un bancone da bar con annessi e connessi, forse un residuo di Exit, di cui erano evidenti alcune strutture ancora non smontate.
Novi Sad di notte (foto Sajkaca)
La festa era quasi deserta, c’erano quasi solo uomini, si suonava musica da discoteca con tanto di sbuffi di fumo. Riuscii dopo grandi insistenze ad offrire da bere ai miei ospiti, loro cuba libre ed io l’ennesima birra. Ribevemmo e questa volta pagarono loro. Mi stavo annoiando e accampando la scusa che ero troppo vecchio per quelle cose dissi di volermene tornare a casa e loro dopo qualche insistenza mi lasciarono andare. In breve mi ritrovai sullo stradone ed effettivamente mi avviai verso l’albergo.
Dopo aver proceduto per un tratto sentii provenire dall’altro lato della strada della musica suonata a forte volume, mi fermai ed individuai una bassa costruzione color arancio con la scritta in caratteri latini corsivi EFIKA....
venerdì 26 giugno 2009
Vidovdan 2009
Il 28 Giugno i serbi festeggiano San Vito (Видовдан). L'anno scorso vi avevo messo il link per farvi vedere il pezzo più interessante del film "Boj na kosovu" (la battaglia di Kosovo Polje) e così quest'anno ho deciso invece di mettere la canzone di Goca Lazarevic "Видовдан" che aveva fatto nel 1989 per i 600 anni dalla battaglia.
Il "Vidovdan" è un giorno che ha una forte simboligia per il popolo serbo: il 15.giugno (28.giugno calendario nuovo) 1389 nella battaglia di Kosovo Polje ("la piana dei merli" Kosovo e Metochija) il capo dell'esercito serbo Knez Lazar Hrebeljanovic e il capo dell'esercito turco, il sultano Murad primo, perserò tutti e due la vita (da leggere qui). Ma anche dopo questa data al 28.giugno succedevano fatti importanti per il popolo serbo.
E se ne può aggiungere ancora uno (che wikipedia italiana e inglese hanno ignorato...oppure non aggiornato): Il 28 giugno 2008 i serbi del Kosovo del nord hanno eretto il loro parlamento.
* purtroppo solo in inglese: la spiegazione per questo parlamento
Qui il testo della canzone (la mia traduzione è un po' improvvisata....)
Vidovdan
U nebo gledam prolaze vekovi Guardo al cielo, i secoli passano
Sećanja davnih jedini lekovi Ai i vecchi ricordi questa è la cura
Kud god da krenem Tebi se vraćam ponovo Dove sempre io vada, ci ritornerò
Ko da mi otme iz moje duše Kosovo Chi può toglierti dalla mia anima, Kosovo!
K'o večni plamen u našim srcima La fiamma eterna che brucia nei nostri cuori
Kosovskog boja Ostaje istina. La verità della battaglia (del Kosovo) vivrà per sempre
Oprosti Bože sve naše grehove Perdonaci signore dei nostri peccati
Junaštvom daruj kćeri i sinove. Dai coraggio a nostri figli e figlie
Ma anche la nostra ciurma canta ! Eccovi il video con il bellissimo Stefan.
Il "Vidovdan" è un giorno che ha una forte simboligia per il popolo serbo: il 15.giugno (28.giugno calendario nuovo) 1389 nella battaglia di Kosovo Polje ("la piana dei merli" Kosovo e Metochija) il capo dell'esercito serbo Knez Lazar Hrebeljanovic e il capo dell'esercito turco, il sultano Murad primo, perserò tutti e due la vita (da leggere qui). Ma anche dopo questa data al 28.giugno succedevano fatti importanti per il popolo serbo.
E se ne può aggiungere ancora uno (che wikipedia italiana e inglese hanno ignorato...oppure non aggiornato): Il 28 giugno 2008 i serbi del Kosovo del nord hanno eretto il loro parlamento.
* purtroppo solo in inglese: la spiegazione per questo parlamento
Qui il testo della canzone (la mia traduzione è un po' improvvisata....)
Vidovdan
U nebo gledam prolaze vekovi Guardo al cielo, i secoli passano
Sećanja davnih jedini lekovi Ai i vecchi ricordi questa è la cura
Kud god da krenem Tebi se vraćam ponovo Dove sempre io vada, ci ritornerò
Ko da mi otme iz moje duše Kosovo Chi può toglierti dalla mia anima, Kosovo!
K'o večni plamen u našim srcima La fiamma eterna che brucia nei nostri cuori
Kosovskog boja Ostaje istina. La verità della battaglia (del Kosovo) vivrà per sempre
Oprosti Bože sve naše grehove Perdonaci signore dei nostri peccati
Junaštvom daruj kćeri i sinove. Dai coraggio a nostri figli e figlie
Ma anche la nostra ciurma canta ! Eccovi il video con il bellissimo Stefan.
giovedì 25 giugno 2009
Love & Other Crimes
Beppe è una persona favolosa. Molto molto buona. Non fa un viaggio in Serbia senza una telefonata agli amici: "Avete bisogno di qualcosa?". Ha girato tutta Belgrado per trovarmi un libro. Il suo unico difetto è la politica. Se attacca a parlare di politica noi siamo già tutti daccordo che parliamo male della Juve. Lui si distrae e cambia discorso.
Proprio Beppe mi aveva avvisato: "Lina c'è un film serbo al Romano, nella Galleria Subalpina."
Due mesi fa avevo perso un altro film serbo e così domenica scorsa a tavola in campagna con parenti e amici ho detto a mio marito: "Io devo tornare a Torino, vado al cinema stasera".
Quello che è successo tra quel momento e le 20 di sera non ve lo racconto anche perchè io sono qui per raccontarvi il film, adesso che mi ricordo.
Bè.. non vi dico nulla.
Solo che è un gran bel film. Per un ulteriore spunto vi posso raccontare una battuta.
Stanislav rivolto ad Anica: "Ero talmente arrabbiato che sono andato in bagno e ho tirato la catenella così forte che è tremato tutto il palazzo. Allora ho pensato di essere fortissimo, di riuscire a fare tutto, invece avevano iniziato a bombardarci!"
Da quando abbiamo incontrato Budo non faccio altro che girare con la macchina fotografica nella borsa e fotografare tutto. Poi lui corregge i miei errori e ha detto che con una macchina professionale potrei diventare brava. Uuuuaaauuu !!
martedì 23 giugno 2009
lunedì 22 giugno 2009
The soul of Albanians in songs
Lo so', adesso tutti voi direte : ma cosa c'entrano le canzoni con i viaggi.
Invece c'entrano perchè Gent è stato il primo amore (aimè platonico) di Lina e all'annuncio dei festeggiamenti del primo compleanno Gent ha voluto dare il suo contributo. Uomo meraviglioso (bellissimo), bravo nella sua professione, conoscitore di almeno 5 lingue (alla perfezione) Gent ci regala questa pagina meravigliosa.
Grazie Gent.. di cuore !
(questa era la prefazione di Lina)
During their existence , Albanians have known almost all the biggest civilisations, have prayed the pagan Gods, Jesus Christ and Mohammed.
They have known expansion, occupation, separation and disintegration, civil war, famine, autarky and prosperity. They have lived under almost every political and economical system known: from feudalism to communism, from sultanates to monarchy, from anarchy to dictatorship. One thing has always been close to Albanian's heart throughout their existence: Music and singing.
Prosper Merimé has described Albanian folklore as being the richest in the world. Albanians sing when a baby is born and when they bury someone. Lullabies and laments are very important kinds of Albanian folk songs, and are generally performed by solo women.
Understanding the Albanian true soul identity has been a hard thing to percieve for non Albanians. Much of true soul of Albanias is importantly embodied in these solo woman. Retrospectively, I will present here some of the most important Albanian female solo singer artists of the last century.
Tefta Tashko Koco
She embodies the divinity element in the Albanian soul. (1910-1942) Studied at the Conservatoire National de Musique de Paris, cristaline intonation, brilliant vocal technique. She recorded twice for Columbia in Italy, in 1937 and 1942, a selection of the classical vocal repertoire and 45 Albanian urban lyric songs. Below is a youtube video of the urban lyric song : “ Zare”. Zare is an Albanian female given name. The songs is about the joy of love and flirtation.
Vace Zela
The proud ( yet humble), energetic and strength element in the Albanian soul. Born in 1939, she is the legendary Albanian female singer. To catch the essence of Vace Zela you should imagine Edith Piath and Janis Joplin singing together.. Extremely powerful voice, an absolute winner (won 10 times the Albanian Song Contest) and beloved by the public.She sang the rock, blues, jazz, pop and folk music. Below is a youtube video of the song “Lemza” in English “ The Sob”. For Albanians, when you sob, someone is thinking about you. The song is about the telepathic connection between two lovers. The second youtube video is taken from the soundtrack of one of the classic Albanian movies “ Ne shtëpine tone” (“Home” )
Nexhmije Pagarusha
The nightgale of Kosova ( Kosova Albanian), she embodies the epic, heroic, larger then life element in the Albanian soul. It is very hard to say, which genre she belongs to, because she sang almost all of them. Her interpretations in folk music were exactly as perfect as her interpretations in the classic music, especially opera. Below is a youtube video of a ballet inspired from her most famous song “ Baresha” “ The shepherd” ( female), a performance during the Albanian television show “ Portokalli”
the original song is below:
Lindita Theodhori
She embodies the carefree, spontaneity element in the soul of Albanians. A touch of sexyness always accompanied her songs. Below is the video of the song to which she owes her celebrity: “ Kafe Flora” from the 11th Festival Song contest ( in the video first comes Vace Zela with the song “Naten vone” “ Late at night” and then Lindita Theodhori with the song “ Kafe Flora”. The song stirred a scandal because of the lyrics. ( Kafe flora burra plot, Café Flora ,it’s all about men)
Marina Grabovari
She embodies the mystery and the illusory element in the soul of Albanians.
My favorite! Won the Song Festival in 1982 singing “ Nje Djep Ne Barrikae”” A cradle in the barricade” in which the communist Party and the dictator Enver Hoxha is explicitly glorified.. “ We are communists, suns of Enver”, she sings. She subsequently sang “ Mesnate” “At Midnight” and unexpectedly disappeared from the musical scene after encountering a enormous success among the public.. “Mesnate” is my favourite Albanian “musique légère” song, a song that Golfrapp would envy ( to be noted also the physical resemblance of Marina with Alison Goldfrapp) Below is a youtube video of the song,
Anita Bitri
Embodies the element of fatality in the soul of Albanians. Succesful, but a love-hate relationship with the public due to her exuberance. Found dead in 2004 at her NYC apartment along with her 8 year old daughter and 66 years old mother due to an accidental carbon monoxide poisoning. Below is a youtube video of the song “ Dashuria e pare”, “ The First Love”.
Parashqevi Simaku
She was the number one star of Albanian “musique légère” in the 80’s and early 90’s, embodiment of optimism, radiance and a liberation element in the soul of Albanians. Below is a collage of her different participations in the Song contests in years.
My name is Gent A. Hoxhati, I write about the influence of music and lyrics upon us and this is my contribution for the "1st Balkan-Crew-Anniversary"!
Join me on blogspot : http://lovelustandmusic.blogspot.com/
Enjoy, Gent
Invece c'entrano perchè Gent è stato il primo amore (aimè platonico) di Lina e all'annuncio dei festeggiamenti del primo compleanno Gent ha voluto dare il suo contributo. Uomo meraviglioso (bellissimo), bravo nella sua professione, conoscitore di almeno 5 lingue (alla perfezione) Gent ci regala questa pagina meravigliosa.
Grazie Gent.. di cuore !
(questa era la prefazione di Lina)
During their existence , Albanians have known almost all the biggest civilisations, have prayed the pagan Gods, Jesus Christ and Mohammed.
They have known expansion, occupation, separation and disintegration, civil war, famine, autarky and prosperity. They have lived under almost every political and economical system known: from feudalism to communism, from sultanates to monarchy, from anarchy to dictatorship. One thing has always been close to Albanian's heart throughout their existence: Music and singing.
Prosper Merimé has described Albanian folklore as being the richest in the world. Albanians sing when a baby is born and when they bury someone. Lullabies and laments are very important kinds of Albanian folk songs, and are generally performed by solo women.
Understanding the Albanian true soul identity has been a hard thing to percieve for non Albanians. Much of true soul of Albanias is importantly embodied in these solo woman. Retrospectively, I will present here some of the most important Albanian female solo singer artists of the last century.
Tefta Tashko Koco
She embodies the divinity element in the Albanian soul. (1910-1942) Studied at the Conservatoire National de Musique de Paris, cristaline intonation, brilliant vocal technique. She recorded twice for Columbia in Italy, in 1937 and 1942, a selection of the classical vocal repertoire and 45 Albanian urban lyric songs. Below is a youtube video of the urban lyric song : “ Zare”. Zare is an Albanian female given name. The songs is about the joy of love and flirtation.
Vace Zela
The proud ( yet humble), energetic and strength element in the Albanian soul. Born in 1939, she is the legendary Albanian female singer. To catch the essence of Vace Zela you should imagine Edith Piath and Janis Joplin singing together.. Extremely powerful voice, an absolute winner (won 10 times the Albanian Song Contest) and beloved by the public.She sang the rock, blues, jazz, pop and folk music. Below is a youtube video of the song “Lemza” in English “ The Sob”. For Albanians, when you sob, someone is thinking about you. The song is about the telepathic connection between two lovers. The second youtube video is taken from the soundtrack of one of the classic Albanian movies “ Ne shtëpine tone” (“Home” )
Nexhmije Pagarusha
The nightgale of Kosova ( Kosova Albanian), she embodies the epic, heroic, larger then life element in the Albanian soul. It is very hard to say, which genre she belongs to, because she sang almost all of them. Her interpretations in folk music were exactly as perfect as her interpretations in the classic music, especially opera. Below is a youtube video of a ballet inspired from her most famous song “ Baresha” “ The shepherd” ( female), a performance during the Albanian television show “ Portokalli”
the original song is below:
Lindita Theodhori
She embodies the carefree, spontaneity element in the soul of Albanians. A touch of sexyness always accompanied her songs. Below is the video of the song to which she owes her celebrity: “ Kafe Flora” from the 11th Festival Song contest ( in the video first comes Vace Zela with the song “Naten vone” “ Late at night” and then Lindita Theodhori with the song “ Kafe Flora”. The song stirred a scandal because of the lyrics. ( Kafe flora burra plot, Café Flora ,it’s all about men)
Marina Grabovari
She embodies the mystery and the illusory element in the soul of Albanians.
My favorite! Won the Song Festival in 1982 singing “ Nje Djep Ne Barrikae”” A cradle in the barricade” in which the communist Party and the dictator Enver Hoxha is explicitly glorified.. “ We are communists, suns of Enver”, she sings. She subsequently sang “ Mesnate” “At Midnight” and unexpectedly disappeared from the musical scene after encountering a enormous success among the public.. “Mesnate” is my favourite Albanian “musique légère” song, a song that Golfrapp would envy ( to be noted also the physical resemblance of Marina with Alison Goldfrapp) Below is a youtube video of the song,
Anita Bitri
Embodies the element of fatality in the soul of Albanians. Succesful, but a love-hate relationship with the public due to her exuberance. Found dead in 2004 at her NYC apartment along with her 8 year old daughter and 66 years old mother due to an accidental carbon monoxide poisoning. Below is a youtube video of the song “ Dashuria e pare”, “ The First Love”.
Parashqevi Simaku
She was the number one star of Albanian “musique légère” in the 80’s and early 90’s, embodiment of optimism, radiance and a liberation element in the soul of Albanians. Below is a collage of her different participations in the Song contests in years.
My name is Gent A. Hoxhati, I write about the influence of music and lyrics upon us and this is my contribution for the "1st Balkan-Crew-Anniversary"!
Join me on blogspot : http://lovelustandmusic.blogspot.com/
Enjoy, Gent
sabato 20 giugno 2009
Il diario di viaggio di Gennaro
Gennaro è un amico che ci segue da tempo. Ha raccolto il nostro invito a raccontare i viaggi balkanici e lo ha fatto cosi' dettagliatamente che abbiamo deciso di fare diverse puntate. Prima di questo brano c'è una descrizione dettagliata del suo viaggio in aereo dall'Italia a Budapest. Ci piacerebbe tanto che anche gli altri pubblicassero i loro viaggi in maniera da avere un po' tutti i paesi rappresentati. In questo momento ci mancano dei viaggi in Albania e in Macedonia. mentre stiamo per concretizzare un bel tour a Pristina, città che abbiamo tutti nel cuore. Grazie Gennaro ! (questa è l'introduzione di Lina e Sajkaca ha messo le foto)
Dal diario di Gennaro:
...Uscii, mi persi, raggiunsi un vialone, chiesi la strada: a Budapest non ho incontrato nessuno che parlasse inglese. Fortuna volle che si trovasse lì (era una fermata del tram) un rumeno che dopo avermi detto su che mezzo salire, dove scendere e poi che strada fare, sempre in italiano, che il cibo migliore del mondo è ungherese ma che le donne più belle del mondo sono rumene. Salii sul tram e svolto il percorso indicatomi fino alla stazione, appena in tempo per scansarmi un violentissimo temporale.
La stazione è molto bella: una lunga galleria in vetro e ferro inizio novecento, stile liberty. Lì non esiste un vero orario dei treni e per sapere con esattezza da che binario (ce ne sono solo quattro) e a che ora partire esattamente (comunque sempre in orario, assai meglio che da noi) con un treno bisogna restare impalati dietro un grosso tabellone anni settanta, con i numeri rotanti, guardare attentamente i dati continuamente aggiornati e ascoltare gli altoparlanti che li ripetono in ungherese. Alle 22.30, finalmente entrammo sul treno, discretamente affollato. Il treno elettrico mi è sembrato un pò più piccolo dei nostri e sul tipo di quelli degli anni settanta/ottanta. All’interno del tutto simile (scompartimenti, bagni e tutto il resto) ai nostri usati sulle tratte dell’Italia meridionale, ma più pulito.
Ho trovato strano il fatto che le poltrone delle carrozze siano molto più piccole di quelle dei treni italiani anche considerando che la gente di quelle parti è mediamente più alta di noi. Dopo una breve attesa, il treno si avviò lentamente verso Sud, sotto un violento temporale.
Nel mio scompartimento sedevano due uomini, quello affianco me: uno spilungone di circa cinquantacinque anni, l’altro di fronte: un bell’uomo (Gabor quarantacinque anni) moro, media statura, magro, dai tratti del viso fini ed austeri, un pò calvo. Entrambi apparteneti alla minoranza ungherese della Voivodina: lo spilungone proveniva dall’Australia, dove era emigrato per lavoro ( così come milioni di italiani nei decenni scorsi) ed era diretto a Novi Sad per ricongiungersi con la famiglia; l’altro, nativo di Novi Sad, ma sposato a Budapest, dove lavorava come giornalista in una rivista sportiva, tornava nella sua città in visita dalla madre.
Abbiamo intavolato una lunga discussione , in inglese, su argomenti di politica internazionale, storia europea e filosofia. Dopo poco, il controllore effettuò un’attenta ispezione di biglietto e passaporto. Ancora un pò dopo, nella città di Kelebia, il controllo doganale, alla frontiera ungherese, venne svolto da un giovane e svogliato poliziotto.
Attesa circa un’ora per svolgere le routinarie pratiche doganali, si ripartì e appena mezz’ora dopo una nuova sosta a Subotica, in territorio serbo, per le analoghe ma più rapide procedure doganali (un assonnato poliziotto mi ha impresso sul passaporto il visto d’ingresso).
Il viaggio si concluse, in anticipo sull’orario previsto, verso le cinque del mattino, i miei compagni di viaggio mi sconsigliarono di prendere il taxi alla stazione perchè molto caro e mi indicarono quale autobus prendere per giungere nel rione di Petrovaradin, dove si trova l’albergo nel quale ho alloggiato a Novi Sad. Gli confessai di non avere con me valuta serba e che mi sarebbe stato impossibile cambiare a quell’ora e così lo spilungone mi regalò 100 din. per il biglietto dell’autobus.
Davanti alla stazione (zelenicka stanica), affianco quella degli autobus extra-urbani, mi accolse un’alba luminosa, un vasto e curato piazzale, con aiuole e fontane, circondato da imponenti palazzi, ariosamente disposti tra di loro, rivestiti di marmo bianco. Alla fermata dell’autobus in attesa un gruppo di giovani donne dall’aspetto fresco e allegro che ciarlavano vivacemente tra di loro. Dopo poco arrivò l’autobus. Dal finestrino un susseguirsi di larghi, lunghi, dritti, pianeggianti viali adornati di aiuole perfettamente tenute. Tutt’intorno un esercizio di urbanistica indubbiamente “socialista”dall’effetto imponente ma gradevole, luminoso e accogliente.
Ebbi l’impressione di trovarmi in una città assai più grande di quanto non sia realmente Novi Sad. Svoltammo, ad un certo punto, imboccando un lungo ed evidentemente, nuovo, ponte. Lì ebbi la mia prima visione del Danubio: maestoso ma di colore marrone (forse per le recenti piogge) e non blu come lo immaginavo. Dal ponte vidi: alla mia sinistra altri tre ponti paralleli a quello che percorrevo anch’essi moderni e funzionali; alla mia destra i piloni residui di un ponte che sapevo essere stato bombardato dalla NATO (forse proprio dai Tornado italiani, ma spero di no) e non ricostruito. ....
Dal diario di Gennaro:
...Uscii, mi persi, raggiunsi un vialone, chiesi la strada: a Budapest non ho incontrato nessuno che parlasse inglese. Fortuna volle che si trovasse lì (era una fermata del tram) un rumeno che dopo avermi detto su che mezzo salire, dove scendere e poi che strada fare, sempre in italiano, che il cibo migliore del mondo è ungherese ma che le donne più belle del mondo sono rumene. Salii sul tram e svolto il percorso indicatomi fino alla stazione, appena in tempo per scansarmi un violentissimo temporale.
La stazione è molto bella: una lunga galleria in vetro e ferro inizio novecento, stile liberty. Lì non esiste un vero orario dei treni e per sapere con esattezza da che binario (ce ne sono solo quattro) e a che ora partire esattamente (comunque sempre in orario, assai meglio che da noi) con un treno bisogna restare impalati dietro un grosso tabellone anni settanta, con i numeri rotanti, guardare attentamente i dati continuamente aggiornati e ascoltare gli altoparlanti che li ripetono in ungherese. Alle 22.30, finalmente entrammo sul treno, discretamente affollato. Il treno elettrico mi è sembrato un pò più piccolo dei nostri e sul tipo di quelli degli anni settanta/ottanta. All’interno del tutto simile (scompartimenti, bagni e tutto il resto) ai nostri usati sulle tratte dell’Italia meridionale, ma più pulito.
Ho trovato strano il fatto che le poltrone delle carrozze siano molto più piccole di quelle dei treni italiani anche considerando che la gente di quelle parti è mediamente più alta di noi. Dopo una breve attesa, il treno si avviò lentamente verso Sud, sotto un violento temporale.
Nel mio scompartimento sedevano due uomini, quello affianco me: uno spilungone di circa cinquantacinque anni, l’altro di fronte: un bell’uomo (Gabor quarantacinque anni) moro, media statura, magro, dai tratti del viso fini ed austeri, un pò calvo. Entrambi apparteneti alla minoranza ungherese della Voivodina: lo spilungone proveniva dall’Australia, dove era emigrato per lavoro ( così come milioni di italiani nei decenni scorsi) ed era diretto a Novi Sad per ricongiungersi con la famiglia; l’altro, nativo di Novi Sad, ma sposato a Budapest, dove lavorava come giornalista in una rivista sportiva, tornava nella sua città in visita dalla madre.
Abbiamo intavolato una lunga discussione , in inglese, su argomenti di politica internazionale, storia europea e filosofia. Dopo poco, il controllore effettuò un’attenta ispezione di biglietto e passaporto. Ancora un pò dopo, nella città di Kelebia, il controllo doganale, alla frontiera ungherese, venne svolto da un giovane e svogliato poliziotto.
Attesa circa un’ora per svolgere le routinarie pratiche doganali, si ripartì e appena mezz’ora dopo una nuova sosta a Subotica, in territorio serbo, per le analoghe ma più rapide procedure doganali (un assonnato poliziotto mi ha impresso sul passaporto il visto d’ingresso).
Il viaggio si concluse, in anticipo sull’orario previsto, verso le cinque del mattino, i miei compagni di viaggio mi sconsigliarono di prendere il taxi alla stazione perchè molto caro e mi indicarono quale autobus prendere per giungere nel rione di Petrovaradin, dove si trova l’albergo nel quale ho alloggiato a Novi Sad. Gli confessai di non avere con me valuta serba e che mi sarebbe stato impossibile cambiare a quell’ora e così lo spilungone mi regalò 100 din. per il biglietto dell’autobus.
Davanti alla stazione (zelenicka stanica), affianco quella degli autobus extra-urbani, mi accolse un’alba luminosa, un vasto e curato piazzale, con aiuole e fontane, circondato da imponenti palazzi, ariosamente disposti tra di loro, rivestiti di marmo bianco. Alla fermata dell’autobus in attesa un gruppo di giovani donne dall’aspetto fresco e allegro che ciarlavano vivacemente tra di loro. Dopo poco arrivò l’autobus. Dal finestrino un susseguirsi di larghi, lunghi, dritti, pianeggianti viali adornati di aiuole perfettamente tenute. Tutt’intorno un esercizio di urbanistica indubbiamente “socialista”dall’effetto imponente ma gradevole, luminoso e accogliente.
Ebbi l’impressione di trovarmi in una città assai più grande di quanto non sia realmente Novi Sad. Svoltammo, ad un certo punto, imboccando un lungo ed evidentemente, nuovo, ponte. Lì ebbi la mia prima visione del Danubio: maestoso ma di colore marrone (forse per le recenti piogge) e non blu come lo immaginavo. Dal ponte vidi: alla mia sinistra altri tre ponti paralleli a quello che percorrevo anch’essi moderni e funzionali; alla mia destra i piloni residui di un ponte che sapevo essere stato bombardato dalla NATO (forse proprio dai Tornado italiani, ma spero di no) e non ricostruito. ....
mercoledì 17 giugno 2009
A trip to Ljubljana
Questo post è dedicato a due persone favolose: Luca e Pietro. Loro abitano nei dintorni di Gorizia e un giorno hanno deciso di andarsi a prendere un caffè a Lubiana.
Spero presto che decidano di fare lo stesso expluà (chissà come si scrive!) a Torino, poichè loro hanno molte storie da raccontarci riguardo alla guerra nei Balkani. Qualcosa ci hanno già detto e credo che ognuno di noi dovrebbe sapere e ricordare che la guerra è una cosa atroce e che dobbiamo tutti fare il possibile perchè non accada mai.
Ma scordiamoci le tristezze e pensiamo alle cose belle.
Lubiana è la capitale della Repubblica Slovena fin dall'indipendenza (1991). Adagiata sul piccolo fiume Ljubljanica presenta un interessante centro storico in stile barocco e Art nouveau. L'architettura della città, ricca di case col tetto a punta, risente molto dell'influenza della vicina Austria. Situata nel centro del paese, la città possiede una popolazione di circa 270.000 abitanti. Lubiana è considerata il cuore culturale, scientifico, economico, politico e amministrativo della Slovenia. Nel corso della sua storia è stata influenzata dalla sua posizione geografica, all'incrocio della cultura tedesca, slava e latina.
Alcuni fattori che contribuiscono alla sua situazione economica sono la presenza di collegamenti viari, la concentrazione di industrie e istituti di ricerca scientifica.
Il drago è il simbolo della città.
La città è posizionata a 298 m di altitudine nella valle del Ljubljanica, tra il Carso e la regione alpina. Il castello, situato su una collina a sud del centro storico, si trova a 366 metri sopra il livello del mare, mentre il punto più elevato della città, nominato Hrib Janske, è arroccato a 794 m.
La città è stata costruita in prossimità della confluenza dei fiumi Ljubljanica e Sava ai piedi di una collina. Le acque del Sava confluiscono nel fiume Danubio prima di terminare il loro corso nel Mar Nero.
Vi sono almeno tre cose importanti da vedere :
- Il castello di Lubiana che è un castello medievale arroccato in cima alla collina che domina il centro storico. L'area del castello è stata continuamente abitata dal 1200 a.C. La cima della collina fu probabilmente un accampamento dell'esercito romano, dopo un periodo celtico e illirico.
- La Cattedrale di San Nicola (Stolnica svetega Nikolaja) è l'unica cattedrale di Lubiana. Facilmente identificabili nella città con la sua cupola verde e le due torri, si trova sulla piazza vicino al Vodnik Tromostovje (Triplo Ponte).
Il sito era inizialmente occupato da una chiesa di architettura romanica la cui prima testimonianza risale al 1262. Nel 1361 un incendio provocò la sua distruzione e pertanto fu ricostruita in stile gotico. L'Arcidiocesi di Lubiana arriva nel 1461 e, nel 1469, un nuovo incendio devastata l'edificio.
Tra il 1701 e 1706, l’architetto gesuita Andrea Pozzo disegna una nuova chiesa barocca, con due cappelle sui lati per rappresentare una croce latina.[28] La cupola venne costruita nel centro nel 1841.
- Il ponte dei Draghi. Venne costruito tra il 1900 e il 1901, quando la città ancora apparteneva all’Impero Austro-Ungarico. Progettato da un architetto dalmata che aveva studiato a Vienna e costruito da un ingegnere austriaco, il ponte è considerato una delle più belle opere architettoniche in stile Art Nouveau.
Nella regione talvolta il ponte prende il soprannome di "matrigna" in riferimento agli spaventosi draghi disposti sui suoi quattro angoli.
Il metodo più comodo per arrivare a Lubiana è l'auto. Da Trieste c'è una comoda autostrada e sono circa 100 km. ma la Slovenia ha anche dei bellissimi treni che sono anche molto puntuali.
E tenete sempre presente il favoloso sito dei moto muloni da cui si vede che i famosi motumoloni non sono due, ma bensì tre !
E poi il "viaggio" della persona più favolosa dell'universo. Il grande Alessandro.
Spero presto che decidano di fare lo stesso expluà (chissà come si scrive!) a Torino, poichè loro hanno molte storie da raccontarci riguardo alla guerra nei Balkani. Qualcosa ci hanno già detto e credo che ognuno di noi dovrebbe sapere e ricordare che la guerra è una cosa atroce e che dobbiamo tutti fare il possibile perchè non accada mai.
Ma scordiamoci le tristezze e pensiamo alle cose belle.
Lubiana è la capitale della Repubblica Slovena fin dall'indipendenza (1991). Adagiata sul piccolo fiume Ljubljanica presenta un interessante centro storico in stile barocco e Art nouveau. L'architettura della città, ricca di case col tetto a punta, risente molto dell'influenza della vicina Austria. Situata nel centro del paese, la città possiede una popolazione di circa 270.000 abitanti. Lubiana è considerata il cuore culturale, scientifico, economico, politico e amministrativo della Slovenia. Nel corso della sua storia è stata influenzata dalla sua posizione geografica, all'incrocio della cultura tedesca, slava e latina.
Alcuni fattori che contribuiscono alla sua situazione economica sono la presenza di collegamenti viari, la concentrazione di industrie e istituti di ricerca scientifica.
Il drago è il simbolo della città.
La città è posizionata a 298 m di altitudine nella valle del Ljubljanica, tra il Carso e la regione alpina. Il castello, situato su una collina a sud del centro storico, si trova a 366 metri sopra il livello del mare, mentre il punto più elevato della città, nominato Hrib Janske, è arroccato a 794 m.
La città è stata costruita in prossimità della confluenza dei fiumi Ljubljanica e Sava ai piedi di una collina. Le acque del Sava confluiscono nel fiume Danubio prima di terminare il loro corso nel Mar Nero.
Vi sono almeno tre cose importanti da vedere :
- Il castello di Lubiana che è un castello medievale arroccato in cima alla collina che domina il centro storico. L'area del castello è stata continuamente abitata dal 1200 a.C. La cima della collina fu probabilmente un accampamento dell'esercito romano, dopo un periodo celtico e illirico.
- La Cattedrale di San Nicola (Stolnica svetega Nikolaja) è l'unica cattedrale di Lubiana. Facilmente identificabili nella città con la sua cupola verde e le due torri, si trova sulla piazza vicino al Vodnik Tromostovje (Triplo Ponte).
Il sito era inizialmente occupato da una chiesa di architettura romanica la cui prima testimonianza risale al 1262. Nel 1361 un incendio provocò la sua distruzione e pertanto fu ricostruita in stile gotico. L'Arcidiocesi di Lubiana arriva nel 1461 e, nel 1469, un nuovo incendio devastata l'edificio.
Tra il 1701 e 1706, l’architetto gesuita Andrea Pozzo disegna una nuova chiesa barocca, con due cappelle sui lati per rappresentare una croce latina.[28] La cupola venne costruita nel centro nel 1841.
- Il ponte dei Draghi. Venne costruito tra il 1900 e il 1901, quando la città ancora apparteneva all’Impero Austro-Ungarico. Progettato da un architetto dalmata che aveva studiato a Vienna e costruito da un ingegnere austriaco, il ponte è considerato una delle più belle opere architettoniche in stile Art Nouveau.
Nella regione talvolta il ponte prende il soprannome di "matrigna" in riferimento agli spaventosi draghi disposti sui suoi quattro angoli.
Il metodo più comodo per arrivare a Lubiana è l'auto. Da Trieste c'è una comoda autostrada e sono circa 100 km. ma la Slovenia ha anche dei bellissimi treni che sono anche molto puntuali.
E tenete sempre presente il favoloso sito dei moto muloni da cui si vede che i famosi motumoloni non sono due, ma bensì tre !
E poi il "viaggio" della persona più favolosa dell'universo. Il grande Alessandro.
lunedì 15 giugno 2009
SIROGOJNO - MOKRA GORA - VISEGRAD (drugi deo)
(questo post prosegue da qui)
Sirogojno (Сирогјно)
Una ventina di chilometri da Zlatibor c'è il vecchio villaggio (staro selo) di Sirogjno (qui il sito ufficiale), un museo all'aperto dove vengono presentate le vecchie tradizioni serbe. Le casette sono state rinnovate e anche gli interni mostrano lo stile di vita, gli oggetti e le decorazioni che venivano usati nei vecchi tempi in questa zone.
La prima volta che si nomina il nome di questo villaggio è in un registro fondiario turco del 1476. L'idea di fare un museo è nata nel 1980 all' architetto Ranko Findrik che si occupò di restaurare le villette della zona. Ma non si tratta solo di architettura, l'idea è di preservare le informazioni sui lavori domestici di una volta e di preservare le tradizioni nazionali. Cosi nel 1992 fu fondato e aperto al pubblico il museo. Sul blog di palachinka c'è un bellissimo post su questo villaggio qui. E qui sullo stesso blog un interessante post di un biscottino dimenticato che è stato acquistato a Sirogojno.
Qui un post su Sirogojno (e altri villaggi etno della Serbia)
Kremna (Кремна)
Pochi giorni fa ho fatto un post su Kremna, un piccolo paese nel parco nazionale di Tara. Kremna è conocsiuto per uno dei suoi cittadini molto famosi....
qui il post
Mokra Gora (Мокра Гора)
Intorno a questo villaggio tutto in stile etno serbo ci sono un bel po' di attrazioni da andare a vedere.
La ferrovia chiamata: l'otto di Sargan (Шарганска осмица). Alla fine della prima guerra modiale nel tratto ferroviario a scartamento ridotto tra Belgrado e Sarajevo, mancava il pezzo fra Uzice (Serbia) e Vardiste (Republika Srpska).
Per lo stato di Jugoslavia era però una priorità assoluta quella di completare il tratto, nonstante ci fosse il problema di come far passare il treno nei monti di Sargan, dove il dislivello era di circa 240 mt. La soluzione fu, di realizzare il tratto a forma di "8" e con una serie di tunnel (20) e ponti (10) di portare il treno in quota. I lavori iniziarono nel 1921 e nel 1925 si innaugurò il tratto Belgrado-Uzice-Visegrad-Dubrovnik. Per fare questo viaggio ci si metteva due giorni e due notti. Nel 1974 però il trenino cessò di viaggiare, perchè non cerano più abbastanza viaggiatori.
Nel 2003 però si ritirò fuori dal museo di Pozega il vecchio treno con locomotiva a vapore e si ripristinarono i 15 km che formavano questo "otto" tra Sargan e Mokra Gora e viene adesso utilizzato per fare dei giri turistici durante la stagione primaverile/estiva. (su questo sito, in inglese, troverete molte informazioni e bellissime foto) http://www.penmorfa.com/JZ/index.htm
Emir Kusturica ha girato il film "Zivot je cudo" (Life is a miracle) proprio qui. E non si è fermato qui....è venuto qui ad abitare e ha costruito un'intero villaggio, che si chiama "Drvengrad" (città di legno).
DRVENGRAD-Mecavnik-Küstendorf (Дрвенград)
A partire dal 2000 Kusturica ha iniziato a far costruire questa cittadina di montagna che si trova a due chilometri da Mokra Gora sulla collina di Mecavnik. L'ha chiamata "Küstendorf" (in tedesco "villaggio della costa" ) proprio perchè la costa qui non c'è. Il villaggio è una specie di museo, si paga un'entrata e si può visitare il villaggio che Kusturica utilizza come location per i suoi film.
C'è il cinema sottoterra dedicato a Stanley Kubrick (prima il cinema si chiama "Anderground" poi nel 2008 è stato chiamato "Bioskop Stenleja Kjubrika") e non mancano piscina, biblioteca, scuola del film, ristorante, camere per turisti ,souvenireshop e una chiesa ortodossa dove Kusturica si è fatto battezare e cosi adesso porta il nome Emir Nemanja Kusturica. Una volta all'anno si svolge il Festival Internazionale del Film di Küstendorf, la risposta di Kusturica a Festival occidentali e commerciali.
Kusturica ha cercato di costruire un villagio in tradizione e armonia con le tradizioni serbe e l'architettura del posto. Ha realizzato tutti in legno e attenendosi al linguaggio dell'architettura rurale del posto. Ma proprio questa bella intenzione di preservare le vecchie tradizioni serbe gli ha portato commenti negativi da critici dell'arte, del film e di architettura perchè vedono in ciò un atto nazionalistico di Kusturica. (Mi pare di capire che va bene preservare quasi di tutto, pur che non sia serbo....ridicolo, no? Nella pagina di wikipedia tedesca su questo villaggio lo chiamano adirittura un paese etno-nazionalistico!!!) Molto tempo fa avevo fatto un post in inglese sul mio blog qui.
Visegrad (Вишеград)
Da Mokra Gora in una mezz'oretta di machina si arriva a Visegrad, la città con uno dei ponti più famosi del mondo: "Il ponte sulla drina" del libro di Ivo Andric. Presto dopo Mokra Gora si varca il confine dell Repubblica di Serbia e vi trovate nella Repubblica Srpska, l'entità serba della Bosnia-Erzegovina.
(da wikipedia) Il ponte è una costruzione elegante dalle forme armoniose; l’ampia struttura ha una carreggiata di 4 metri, poggia su 11 arcate e si erge sulle acque per una lunghezza complessiva di 179 metri . Sul lato sud della balconata centrale del ponte è stata eretta una stele in epoca incerta, che, secondo la versione più accreditata, commemorerebbe la fine dei lavori. In una nicchia, sempre sulla balconata centrale, trova invece posto un’iscrizione commemorativa della costruzione del ponte fatta installare dal sultano Murad III durante il suo regno.
Il ponte, nei lunghi anni della sua vita, ha subito parecchi danneggiamenti e distruzioni ed è stato più volte sottoposto ristrutturazione: i danni peggiori si sono verificati nel 1664 e nel periodo di particolare turbolenza politica che va dal 1875 al 1911. Fra 1914 e 1915 tre degli archi occidentali sono stati distrutti e ricostruiti prima del 1940.
Durante la seconda guerra mondiale altri cinque archi sono stati distrutti nella stessa zona ferita in precedenza, e sono poi stati ricostruiti prima del 1951. Attualmente è stata rinnovata la pavimentazione e sono stati installati i cavi elettrici per l’illuminazione dal basso, che nelle ore che vanno dal crepuscolo all’alba permettono di assistere allo spettacolo mozzafiato dell’elegante ponte che sembra essere sospeso sulle acque della Drina.
Ecco, siamo arrivati alla fine dell'itinerario!
Purtroppo in italiano non si trovano molte informazioni su queste zone, ho tradotto quasi tutto dal serbo e dall'inglese. I link che vi ho dato sono purtroppo quasi sempre in serbo/inglese e magari ogni tanto c'è anche un po' di francese e tedesco.....Quindi questo post per certe cose è il primo che ve ne parla in italiano! :-)
Sirogojno (Сирогјно)
Una ventina di chilometri da Zlatibor c'è il vecchio villaggio (staro selo) di Sirogjno (qui il sito ufficiale), un museo all'aperto dove vengono presentate le vecchie tradizioni serbe. Le casette sono state rinnovate e anche gli interni mostrano lo stile di vita, gli oggetti e le decorazioni che venivano usati nei vecchi tempi in questa zone.
La prima volta che si nomina il nome di questo villaggio è in un registro fondiario turco del 1476. L'idea di fare un museo è nata nel 1980 all' architetto Ranko Findrik che si occupò di restaurare le villette della zona. Ma non si tratta solo di architettura, l'idea è di preservare le informazioni sui lavori domestici di una volta e di preservare le tradizioni nazionali. Cosi nel 1992 fu fondato e aperto al pubblico il museo. Sul blog di palachinka c'è un bellissimo post su questo villaggio qui. E qui sullo stesso blog un interessante post di un biscottino dimenticato che è stato acquistato a Sirogojno.
Qui un post su Sirogojno (e altri villaggi etno della Serbia)
Kremna (Кремна)
Pochi giorni fa ho fatto un post su Kremna, un piccolo paese nel parco nazionale di Tara. Kremna è conocsiuto per uno dei suoi cittadini molto famosi....
qui il post
Mokra Gora (Мокра Гора)
Intorno a questo villaggio tutto in stile etno serbo ci sono un bel po' di attrazioni da andare a vedere.
La ferrovia chiamata: l'otto di Sargan (Шарганска осмица). Alla fine della prima guerra modiale nel tratto ferroviario a scartamento ridotto tra Belgrado e Sarajevo, mancava il pezzo fra Uzice (Serbia) e Vardiste (Republika Srpska).
Per lo stato di Jugoslavia era però una priorità assoluta quella di completare il tratto, nonstante ci fosse il problema di come far passare il treno nei monti di Sargan, dove il dislivello era di circa 240 mt. La soluzione fu, di realizzare il tratto a forma di "8" e con una serie di tunnel (20) e ponti (10) di portare il treno in quota. I lavori iniziarono nel 1921 e nel 1925 si innaugurò il tratto Belgrado-Uzice-Visegrad-Dubrovnik. Per fare questo viaggio ci si metteva due giorni e due notti. Nel 1974 però il trenino cessò di viaggiare, perchè non cerano più abbastanza viaggiatori.
Nel 2003 però si ritirò fuori dal museo di Pozega il vecchio treno con locomotiva a vapore e si ripristinarono i 15 km che formavano questo "otto" tra Sargan e Mokra Gora e viene adesso utilizzato per fare dei giri turistici durante la stagione primaverile/estiva. (su questo sito, in inglese, troverete molte informazioni e bellissime foto) http://www.penmorfa.com/JZ/index.htm
Emir Kusturica ha girato il film "Zivot je cudo" (Life is a miracle) proprio qui. E non si è fermato qui....è venuto qui ad abitare e ha costruito un'intero villaggio, che si chiama "Drvengrad" (città di legno).
DRVENGRAD-Mecavnik-Küstendorf (Дрвенград)
A partire dal 2000 Kusturica ha iniziato a far costruire questa cittadina di montagna che si trova a due chilometri da Mokra Gora sulla collina di Mecavnik. L'ha chiamata "Küstendorf" (in tedesco "villaggio della costa" ) proprio perchè la costa qui non c'è. Il villaggio è una specie di museo, si paga un'entrata e si può visitare il villaggio che Kusturica utilizza come location per i suoi film.
C'è il cinema sottoterra dedicato a Stanley Kubrick (prima il cinema si chiama "Anderground" poi nel 2008 è stato chiamato "Bioskop Stenleja Kjubrika") e non mancano piscina, biblioteca, scuola del film, ristorante, camere per turisti ,souvenireshop e una chiesa ortodossa dove Kusturica si è fatto battezare e cosi adesso porta il nome Emir Nemanja Kusturica. Una volta all'anno si svolge il Festival Internazionale del Film di Küstendorf, la risposta di Kusturica a Festival occidentali e commerciali.
Kusturica ha cercato di costruire un villagio in tradizione e armonia con le tradizioni serbe e l'architettura del posto. Ha realizzato tutti in legno e attenendosi al linguaggio dell'architettura rurale del posto. Ma proprio questa bella intenzione di preservare le vecchie tradizioni serbe gli ha portato commenti negativi da critici dell'arte, del film e di architettura perchè vedono in ciò un atto nazionalistico di Kusturica. (Mi pare di capire che va bene preservare quasi di tutto, pur che non sia serbo....ridicolo, no? Nella pagina di wikipedia tedesca su questo villaggio lo chiamano adirittura un paese etno-nazionalistico!!!) Molto tempo fa avevo fatto un post in inglese sul mio blog qui.
Visegrad (Вишеград)
Da Mokra Gora in una mezz'oretta di machina si arriva a Visegrad, la città con uno dei ponti più famosi del mondo: "Il ponte sulla drina" del libro di Ivo Andric. Presto dopo Mokra Gora si varca il confine dell Repubblica di Serbia e vi trovate nella Repubblica Srpska, l'entità serba della Bosnia-Erzegovina.
(da wikipedia) Il ponte è una costruzione elegante dalle forme armoniose; l’ampia struttura ha una carreggiata di 4 metri, poggia su 11 arcate e si erge sulle acque per una lunghezza complessiva di 179 metri . Sul lato sud della balconata centrale del ponte è stata eretta una stele in epoca incerta, che, secondo la versione più accreditata, commemorerebbe la fine dei lavori. In una nicchia, sempre sulla balconata centrale, trova invece posto un’iscrizione commemorativa della costruzione del ponte fatta installare dal sultano Murad III durante il suo regno.
Il ponte, nei lunghi anni della sua vita, ha subito parecchi danneggiamenti e distruzioni ed è stato più volte sottoposto ristrutturazione: i danni peggiori si sono verificati nel 1664 e nel periodo di particolare turbolenza politica che va dal 1875 al 1911. Fra 1914 e 1915 tre degli archi occidentali sono stati distrutti e ricostruiti prima del 1940.
Durante la seconda guerra mondiale altri cinque archi sono stati distrutti nella stessa zona ferita in precedenza, e sono poi stati ricostruiti prima del 1951. Attualmente è stata rinnovata la pavimentazione e sono stati installati i cavi elettrici per l’illuminazione dal basso, che nelle ore che vanno dal crepuscolo all’alba permettono di assistere allo spettacolo mozzafiato dell’elegante ponte che sembra essere sospeso sulle acque della Drina.
Ecco, siamo arrivati alla fine dell'itinerario!
Purtroppo in italiano non si trovano molte informazioni su queste zone, ho tradotto quasi tutto dal serbo e dall'inglese. I link che vi ho dato sono purtroppo quasi sempre in serbo/inglese e magari ogni tanto c'è anche un po' di francese e tedesco.....Quindi questo post per certe cose è il primo che ve ne parla in italiano! :-)
domenica 14 giugno 2009
BAJINA BASTA, TARA, ZLATIBOR (prvi deo)
Non ho dovuto pensare molto su che parte della Serbia fare un piccolo itinerario per voi lettori. Vorrei presentarvi la zona che ho potuto conoscere in uno dei miei primi viaggi in Serbia.
Mi ero appena sposata e questo è il viaggio che mi ha organizzato mio marito per farmi conoscere il suo meraviglioso paese. L'itinaerario copre l'ovest della Serbia, una zona di bellezze naturali che si trova a circa 200km da Belgrado e comprende Il parco nazionale di Tara, la Mokra Gora e l'area di Zlatibor.
Bajina Basta (Бајина Башта)
Come base per la partenza propongo Bajina Basta raggiungibile in poche ore in machina partendo da Belgrado via Lazarevac-Valjevo facendo il piccolo passo "Debelo brdo" (1090m) oppure via Sabac-Ljubovia seguendo i meandri del fiume Drina oppure via Cacak-Uzice passando sopra il piccolo passo "Kadinjaca" (880m).
Questa piccola cittadina che conta 29.000 abitanti (di cui 20.000 abitano nei paesini nei dintorni) è una buona base per intraprendere escursioni nelle mete turistiche dei dintorni: Parco nazionale di Tara, Monastero di Raca, il fiume Drina, rovine dell'antica città di Solotnik, la chiesetta di legno a Dub, Kaludjerske Bare, e le stazioni sciistiche e di sport estivi con gli alberghi Omorika (picea), Javor (acero) e Beli bor (pino bianco) e la meta turistica per bambini Mitrovac.
Qui ci si ferma, più che per mangiare o per pernottare, che per passare le vacanze. Anche qualche pescatore si ferma all'albergo Drina (e anche Peter Handke si è fermatu qui). Vi consiglio di leggere "Un viaggio d’inverno ai fiumi Danubio, Sava, Morava e Drina ovvero Giustizia per i Serbi" di Peter Handke, Traduzione italiana di Claudio Groff. Einaudi, Torino 1996. Handke descrive proprio questa zona....)
La maggior parte degli abitanti qui sono immigrati arrivati a causa dell'ocupazione turca negli anni 30 del 19esimo secolo e venivano dall'Erzegovina, dal nordovest del Montenegro, dal Sangiaccato, dalla Dalmazia (Pepelj) e dalla Bosnia (Osat).
Anche se la popolazione è diminuita negli ultimi anni per motivi economici (la gente si sposta nei centri come Uzice, Valjevo o va a Belgrado). Bajina Basta è una cittadina prosperosa che vive di agricolutura (frutta, tabacco) e turismo (molti hanno casette nel parco nazionale che affittano ai turisti).
Per raggiungere il parco nazionale ci sono due possibilità: una è di salire seguendo il fiume Drina e seguire la direzione Perucac-Mitrovac. L'altra è di salire direttamente da Bajina Basta a Kaludjerska Bara passando dal monastero di Raca.
Drina - Perucac - Mitrovac
Il fiume Drina
Questo fiume che in passato rapresentava la linea di demarcazione tra l'Impero Romano d'Oriente ed l'Impero Romano d'Occidente (era una frontiera naturale tra gli ortodossi e i cattolici) oggi marca la frontiera tra Serbia e Republika Srpska.
Nasce dalla confluenza dei fiumi Tava e Piva che scaturiscono dal Montenegro e termina nella Sava di cui è un affluente destro ed è lunga 346km. La sua acqua è di un verde chiaro inteso dovuto alla pietra calcare nel fondo del fiume. Anche molto caratteristica è la sua forma serpeggiante. Salendo al Parco nazionale di Tara, passando dalla centrale eletrica al lago di Perucac ci sono dei posti con una vista fantastica sul fiume!
La centrale elettrica con lago artificiale di Perucac
Mitrovac
Mitrovac è una stazione sciistica e sportiva con casette divertenti, ristoranti in stile etno e capanne di caccia.
Sulla rotta: Monastero Raca - Kaludjerska Bara
Monastero Raca (Манастир Рача)
Questo monastero medievale l'ha fatto costruire il re Dragutin (1273-1275) ed è dedicato all'ascensione. Grazie a questo monastero l'influenza del re e l'ortodossia erano particolarmente forti in questa parte della Serbia. I monaci che vivevano qui partecipavano a rafforzare l'identità nazionale, copiando libri religiosi e preservando le tradizioni.
Il monastero è stato comunque distrutto e riscostruito un paio di volte. Quando scoppiarono i conflitti tra turchi e austro-ungarici (fine del 17esimo secolo) i serbi aprofittarono per liberarsi dalla schiavitù turca, aiutando l'armata austriaca (cristiana) a vincere.
Con l'aiuto del patriarca Arsenie III Carnojevic i monachi del monastero riuscirono a nascondere oggetti sacri del monastero ed evitare che venissero distrutti, infatti il monastero bruciò.
Venne ricostruito solo dopo 100 anni, cioè nel 1795 da Milentije Stefanovic e fu finito nel 1799. Nel 1813 i turchi passarono di nuovo di qui distruggendo il monastero (e tante altre chiese della zona, facendo di nuovo fuggire la gente) e cosi fu rifatto nel 1826 seguendo lo stile della "scuola di raska".
Qui un mio post con il mio diario di viaggio.
Kaludjerske bare
Questo è il paesino dove il turismo incominciò nella zona. Si tratta di una stazione sciistica con grandi alberghi e innumerevoli casette e villette da prendere in affitto, ma tutto è molto sparpagliato. C’è semplicemente un piccolo centro con i ristoranti e qualche negozio.
Questo è il mini-etno-villaggio con costruzioni tipici della zona
e qui il mio tacuino di viaggio
e qui il mio tacuino di viaggio
Parco nazionale di Tara
Questo parco nazionale è stato fondato nel 1981 ed è di una bellezza particolare, infatti attira turisti in cerca di relax oppure che vogliono svolgere delle attività sportive. Qui e qui i siti con informazioni turistiche. E qui un post che ho fatto sul mio altro blog!
Per appassionati di botanica ci sono tante specie rare e endogene come per esempio la Picea omorika (abete rosso di serbia) (панчићева оморика) scoperta da Josip Pancic, e perciò il parco e sotto protezione.
Mi sono piaciuti anche i mega alberghi del periodo comunista.... qui le foto che ho fatto degli interni..... e qui e qui e qui e qui le altre mie foto dei due alberghi "бели бор” e ”оморика”.
Zlatibor
Per descrivere Zlatibor, non bastano le parole. Inutile. Un paesaggio che mi piace tantissimo e un clima perfetto......aspetto solo di tornarci presto!!!!
In questo post mi limito a darvi un po' di informazioni turistiche se decidete di visitare la zona:
Il nome Zlatibor viene da zlatno=oro e bor=pino (quindi pino d'oro!).
Qui e qui ci sono due siti fatti molto bene con informazioni e con una vasta scelta per camere e apartamenti di vacanze.
Qui e qui ci sono due siti fatti molto bene con informazioni e con una vasta scelta per camere e apartamenti di vacanze.
Zlatibor è ottimamente raggiungibile da Belgrado con il bus (infatti è sulla linea che porta in Montenegro), e a Zlatibor non serve per forza una machina, quindi si può comodamente scegliere di passare una bella vacanza qui arrivando in aereo a Belgrado.
A parte le attività di sci, pattinaggio e altre varietà sportive per l'estate, qui è un paradiso per chi ama mangiare.
Non solo, ci sono numerosi ottimi ristoranti etno con lecornie del posto e al mercato si possono comprare il famoso prosciutto di Zlatibor (златиборски пршут) e il kajmak (кајмак) una specie di ricotta a doppia panna.
Non solo, ci sono numerosi ottimi ristoranti etno con lecornie del posto e al mercato si possono comprare il famoso prosciutto di Zlatibor (златиборски пршут) e il kajmak (кајмак) una specie di ricotta a doppia panna.
L'etno-ristorante "мирис дуња" (profumo di mela cotogna)
Una bancherella del mercato che vende marmellate fatte in casa, rakija, sciroppo di frutta e altre buonissime cose.....
Questo è la prima parte dell'itinarario. La seconda parte segue ....