domenica 28 giugno 2009

Il diario di viaggio di Gennaro (seconda parte)

La stazione di Novi Sad (foto Sajkaca)


(prosegue da
qui)

...Alla fine del ponte, poste ai lati della strada, incontrammo un gruppo di antiche e basse case e subito dopo la triplice porta della fortezza di Petrovaradin. Da questo punto la strada scorre lungo il fianco una bassa collina alla cui sommità si trova la fortezza (progettata da Vauban) di Petrovaradin.

La fortezza di Petrovaradin (foto Sajkaca)

Sui fianchi della collina un magnifico, enorme parco meticolosamente mantenuto (e con grande sforzo economico, credo).

Qualche centinaia di metri oltre scesi alla fermata consigliatami da un cortese giovanotto sull’autobus. Incominciai a chiedere ai pochi in giro a quell’ora, di ulica Marina Drizgca, o dell’albergo Sveti Georgij.


La fortezza di Petrovaradin (foto Sajkaca)

Ad un distributore di benzina beccai la dritta giusta e finalmente giunsi alla mia ulica e al mio albergo: una viuzza trasversale al vialone che dopo le prime due o tre basse case mostra già delle fattorie e sul fondo la pretenziosa costruzione a tre piani dello Sveti Georgij in uno stile tra l’alpino e il bizantino modernizzato nei colori bianco e verde acqua posto di fronte ad una chiesetta in globata in una costruzione nello stesso stile dell’albergo che incredibilmente esibiva statue di gesso di ninfe completamente nude.

Ad accogliermi nella linda hall, abbellita con riproduzioni di icone di santi orientali, una piccola e sottile sessantenne con una mano fasciata che mentre verificava la mia prenotazione e controllava i miei documenti mi guardava sottecchi con viva curiosità.
Salii nella mia stanza, doppia, in un sottotetto a falde spioventi dignitosamente arredata con mobilio negli stessi colori della costruzione, pulita con bagno grande e confortevole ma senza bidet.

Mi abbandonai subito alle braccia di Morfeo per un sonno ristoratore.
Dopo aver dormito fin verso mezzogiorno, dopo lunghi sbadigli mi avviai a piedi lungo la strada che da Petrovaradin porta al centro della città.
Riattraversai la porta, il ponte e di li mi diressi in un mercato rionale sito in una traversa perpendicolare al lungofiume; di lì mi recai in un menianicnica per cambiare la valuta.
Mi resi conto, subito, che a questo riguardo, in Serbia funziona in tutt’altro modo che in Ungheria: il cambio è uguale dappertutto e non puoi avere brutte sorprese.
Attraversata qualche altra stradina e mi ritrovai nella stari grad.

Il centro di Novi Sad (foto Sajkaca)

Essa è una vasta area pedonale che comprende numerose strade di epoca asburgica, molte chiese, di cui una cattolica proprio sulla piazza principale della città. L’intera zona è popolata da innumerevoli bar, eleganti, con centinaia di tavolini all’aperto e molti negozi ben forniti tra cui spiccano quelli di una locale catena che vende manufatti in pelle prodotti a mano.
Mi informai da qualche passante se ci fosse un ristorante tipico e camminando in un vicolo appresso all’altro lo trovai e mi sedetti. Era gestito da una giovane coppia in cui lui era alto e scheletrico e lei bassina e tonda, tra i pochissimi che non parlavano inglese, ma non ebbi problemi a fargli capire quello che volevo: cevapci, insalata e birra. Tutto buonissimo, la carne in particolare e pagai circa 1000 din.

Ritornai a passeggiare ancora un pò per città ma poi vinto dalla stanchezza mi riavviai verso Petrovaradin. A metà strada fermai in un Bar con i tavolini sistemati sotto un tendone e sorbii un’ottima Jelen pivo scherzando per un pò con una bella, vivace e simpatica cameriera che per indicarmi la Jelen mi aveva fatto il segno delle corna.
Arrivai in albergo alle 17.00 e mi ridistesi sul letto.

Dopo un paio d’ore riuscii, me ne tornai nella stari grad stari. Dopo più di qualche birra vidi passare una bella ragazza che pare mi avesse ammiccato. La seguii per un pò. Uscimmo dalla stari grad ed arrivammo su un elegante boulevard, lei si fermò ad una fermata dell’autobus ed io anche; intanto, mentre, stavo disperatamente rimuginando su quale fosse il pretesto migliore per attaccare bottone arrivarono due ventenni visibilmente ubriachi, due giovanotti aitanti. Avevano preso di mira proprio la ragazza che io avevo seguito nonostante ella fosse visibilmente più vecchia di loro. Per evitare problemi alla sconosciuta, forse per un tardivo rimorso, attirai l’attenzione dei due interloquendo in inglese. Essi, due studenti universitari, non ebbero difficoltà a rispondermi in un inglese assai migliore del mio e si rivelarono subito molto cordiali.

Mi invitarono ad una fantasmagorica festa, a loro dire, nelle mura della fortezza di Petrovaradin che avrebbe rinverdito i fasti di Exit e dove le ragazze “suck” sic... Io non volevo seguirli, immaginavo che con loro mi sarei facilmente trovato nei casini e da straniero non mi sarebbe stato così facile sfangarmerla. Alla fine per non mortificarli, considerato anche che mi sarei comunque trovato vicino casa, decisi di andare con loro.
Prendemmo l’autobus senza pagare il biglietto e senza che l’autista ci dicesse nulla. Scendemmo a metà strada per casa mia, imboccammo uno sterrato sulla collina di Petrovaradin, superammo la porta d’ingresso della fortezza, ci dirigemmo in un prato deserto e buio e li manifestai loro la mia perplessità, spiegandogli che dalle mie parti quello era un posto del xxxx, proprio dove non andare a quell’ora di notte.
Mi dissero di non preoccuparmi perchè non c’erano problemi. Trovammo ad un certo punto un auto con i fari accesi davanti ad una lunga e bassa galleria ricavata nelle mura della fortezza, davanti all’auto due giovanotti di cui uno molto ben impostato. I miei gli mostrarono i loro inviti e garantendo per me dicendo che ero uno stranac. Superammo la galleria malamente illuminata dai lumini e ci trovammo in uno spiazzo erboso circoscritto dalle mura della fortezza.
Davanti ad una vecchia costruzione di mattoni facente parte del complesso, era montato un piccolo palco dove erano sistemati gli strumenti di un D.J. ed un bancone da bar con annessi e connessi, forse un residuo di Exit, di cui erano evidenti alcune strutture ancora non smontate.

Novi Sad di notte (foto Sajkaca)

La festa era quasi deserta, c’erano quasi solo uomini, si suonava musica da discoteca con tanto di sbuffi di fumo. Riuscii dopo grandi insistenze ad offrire da bere ai miei ospiti, loro cuba libre ed io l’ennesima birra. Ribevemmo e questa volta pagarono loro. Mi stavo annoiando e accampando la scusa che ero troppo vecchio per quelle cose dissi di volermene tornare a casa e loro dopo qualche insistenza mi lasciarono andare. In breve mi ritrovai sullo stradone ed effettivamente mi avviai verso l’albergo.

Dopo aver proceduto per un tratto sentii provenire dall’altro lato della strada della musica suonata a forte volume, mi fermai ed individuai una bassa costruzione color arancio con la scritta in caratteri latini corsivi EFIKA....


12 commenti:

  1. mi hai fatto venire in mente il festival del cavolo
    bè.. stavolta ve lo racconto..
    finora è stata una confidenza tra pochi amici, ma da oggi sarà ufficiale
    due anni fa sono andata a cacak di corsa e nel bel mezzo dello sciopero aereo perchè dejan era stato operato
    ero disperata tra medici e garze quando mi vedo arrivare mileta che mi invita al festival del cavolo
    e io : ma che cavolo di festival è ?
    il festival del cavolo
    insomma.. per farla breve mileta aveva organizzato con i suoi amici e io ero l'unica donna
    da allora, ovvero, da quando ho deciso di non andare, mileta e i suoi amici sono diventati in grande amicizia :
    "il team mancato degli strupratori"
    ih! ih!
    se qualcuno di cacak legge e glielo riferisce mi uccide !!!!
    by email vi potrei raccontare un'altra storia piu' piccante..
    ma questa veramente non la posso scrivere qui perchè tra i lettori ci sono due bambini

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  2. La sensazione che non so se sono riuscito a trasmettere leggendo il proseguio del diario è che passando da Novi Sad a Belgrado di trovarsi in mondi molti diversi pur nella stessa nazione.
    Forte il contrasto tra il puntiglioso (asburgico?) ordine di Novi Sad e la vitale confusione di Belgrado (fatte anche le debite considerazioni sul fatto che è una citta 7 o 8 volte più grande).
    Ciao a tutti Gennaro

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  3. io non faccio testo gennaro, perchè belgrado me la sono respirata particella per particella, ma cio' che mi sei riuscito a trasmettere è la voglia di vedere una tua foto..
    a questo punto penso che tu sia uno str stra strrrrafigone italiano !!!

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  4. Gennaro ha osservato correttamente, nelle cittadine della Vojvodina (Novi Sad) si nota l'influenza austro-ungherese, e non solo nell'architettura, anche la presenza di molti ungheresi influenza l'ambiente, perchè questi sono un po'più riservati dei Serbi.
    Belgrado (Serbia centrale) rispecchia molto di più la mentalità della Serbia vera e propria,più tradizionalista e anche più calorosa!

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  5. Ti acconterò appena possibile, ma resterai delusa, sono un terrone doc, un pò tarchiato, occhialuto e di mezza età (il I° agosto p.v. compirò 45 anni ahime!). Il mio fascino nei capelli brizzolati?!
    Gennaro

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  6. mi piaci sempre di piu' gennaro !!

    francy.. ma allora a senta sono antipatici ???

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  7. @gennaro: non farti troppo impressionare da Lina!

    @Lina: ti invito a Senta e decidi tu...

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  8. fammi un biglietto di sola andata

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  9. @Lina. fatti trovare ad un casello autostradale intorno a Milano il 26 luglio...e ti ci porto io!!!

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  10. la faccio a piedi se mi presenti il re dello zucchero..
    il mio sogno di sposare un ricco serbo si sta allontanando da quando ho delle serie proposte da pristina
    ma vivere con la suocera e gli americani...
    noooo....senta.. aspettami !!!!

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  11. @Lina: il re dello zucchero è un italiano. Sei sicura di volerlo?
    Il matto di Pristina? Perchè no? Almeno "la Lina non è più sicuramente zitela"! :-D

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  12. ah ! ah!
    che dici ? mandiamo in onda ??
    ma si..
    vi annuncio che mi sto per sposare !!

    http://adrenola.blogspot.com/2009/06/lina-e-sicuramente-zitella.html

    e tra il matto di pristina e un italiano scelgo sicuramente pristina !!!

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