lunedì 31 agosto 2009

Hotel Intercontinental (reload)

Oggi un post soft..
Scusate, ma ne ho proprio bisogno. Negli ultimi giorni si sono accumulate così tante discussioni che ho voglia di ridere un po'. Quindi accetto tutte le critiche, ma oggi ci sarà una visione dell'Intercontinental, declassato a Continental, un po' scherzosa.


Ne avevo già parlato qui, ma mi ero tenuta.. diciamo così, sul vago.
Oggi invece vi voglio raccontare tutti i pettegolezzi e quindi penso che in questo momento sia crollata la redemtion maschile !!
Come avevo già detto, l'anno in cui è stato operato il mio amico Dejan, ho dovuto partire di corsa nel bel mezzo dello sciopero aereo. Già all'andata è stato un terno all'otto.. ma poi ce l'ho fatta. Al ritorno arrivo in aereoporto e non c'è l'aereo.
Una lunga fila e poi mi dicono che mi mettono all'Intercontinental !
Da quel momento è stato un susseguirsi di risate.
Intanto all'uscita dell'aereoporto mi aspetta Miky, l'autista del pulmino dell'hotel.
Parla perfettamente 5 lingue, ma non l'italiano e quindi mi lancio col mio serbo e lui a ridere a crepapelle..
Nel frattempo arrivano due ragazze spagnole che sono state a Belgrado per un congresso. Una è ben vestita, l'altra è vestita male e tanto sporca. Poi arriva un ragazzo con i pantaloncini tipo mare a fiori e le ciabatte infradito nonostante fosse settembre inoltrato.
Poi arrivano tre imprenditori romani che non parlano una parola di inglese e neanche l'italiano perchè sanno solo il romanaccio.
Infine arriva una signora piuttosto ciaciotta, tutta sudata e con un sacco di valigie.
Arriva un altro pulmino e noi partiamo per l'Hotel. Io ero emozionatissima e tanto preoccupata. Mi ricordavo perfettamente che, nel mio primo viaggio in Serbia, Vera mi aveva fatto vedere dall'autostrada l'hotel in cui era stato ammazzato Arkan e io ci stavo andando.
All'arrivo una emozione ancora più grande, perchè sembra una cattedrale nel deserto.
Scendiamo dal pulmino ed entriamo. Il ragazzo alla reception ci guarda atterriti e chiede a Miky : sono questi quelli dell'Alitalia?
E Miky : perchè non si vede ?
Quello della reception scuote il capo e inizia dall' infradito a chiedere i documenti.
Eravamo come pesci fuor d'acqua in un hotel a cinque stelle.


Una delle due ragazze spagnole si mette ad urlare in inglese perchè non vuole stare in camera con l'altra che puzza e il ragazzo della reception le dice : non vi meritate neanche questa camera, ma se volete c'è la piscina e la sauna con le docce oltre che un comodissimo bagno in camera.
I tre romani danno i documenti col loro romanaccio e il ragazzo è disperato.. ma gliela fa a concludere l'impresa.
Appena sistemati noi, arriva l'altro pulmino dall'aereoporto e il ragazzo nella reception si mette le mani nei capelli e dice al collega : ma quanti sono ? non ce la faccio più !
Veramente neanche io ce la facevo più e avevo tanta voglia di piangere.
Finalmente mi danno una camera e ci vado.. o almeno provo ad andarci.
Ovunque persone coi guanti che mi sorridono e mi salutano in inglese, porte scorrevoli, luci che si accendono automaticamente, ascensore che manco mi sono accorta che si è mosso !!


Finalmente arrivo in camera e scoppio a piangere. Dov'era la casetta minuscola di Dejan, povera da far pena, senza neanche uno specchio ?
Poi mi è venuto in mente il mio amico Branko e gli telefono. Lui è un ragazzo molto religioso, nonostante sia al suo terzo matrimonio.
" Lina, scappa immediatamente da lì, è un posto maledetto ! "
Grazie del supporto morale !!!
Allora decido di uscire e così incontro le due spagnole che andavano in piscina.
Nell' ingresso un altro pulmino di turisti Alitalia, ma alla redemption c'era un altro ragazzo.. !!


Faccio circa 200 metri e vedo una grandissima strada con tante case povere. Dio ti ringrazio ! M'è subito risalito il morale. Così prendo un autobus (senza sapere se a Bg esistono i biglietti !) e vado al Kalemegdan.


Che favola !! Qui si che mi posso tirare su il morale !! Qui la gente fa amicizia in un batter d'occhio ! C'è una fisarmonica e si balla il kolo. Ho camminato tanto e poi ho visto che si era fatta l'ora di cena.
Oh no.. dinuovo nella gabbia dei pazzi !!
Arrivo all'hotel (sempre senza biglietto dell'autobus!) e posso scegliere tra il ristorante, la pizzeria e il fast food.
Scelgo il ristorante, ma come entro uno urla :
- Alitalia ?
- Si.. perchè ? non ce l'ho scritto in fronte ?
- Nell'angolo, prego
No.. proprio non mi ci trovo qui!! Per fortuna che nell'angolo ci sono altri italiani che la pensano come me !!
Faccio così amicizia con una coppia un po' strana.
Lei serba e lui italiano. Ma lei è una donna sveglia, piena di brio, mentre lui sembra un po' un mammalucco. Sono stati in ferie a Belgrado perchè vivono in Italia.
Lei continua a tempestarmi di domande e alla fine esplode :
- Lina, vieni qui da sola per spassartela, perchè i serbi in quel campo sono i migliori ??
Oh Santa Balkania !!!
- Zora.. e tu sapendo che erano i migliori come mai ti sei presa sto mammalucco italiano ??
Comunque le forze calavano e a quel punto sono andata a dormire, sola, nonostante nell'armadio ci fossero due accappatoi firmati.


Alle 3 e trenta la sveglia e una bellissima opportunità di fuga !!!!

Kolo al Kalemegdan
La fuga !

sabato 29 agosto 2009

Madonna a Belgrado

La Regina del Pop si è esibita per la prima volta in Serbia ed è stata acclamata da 40mila fan in delirio. La cantante è salita sul palco accompagnata da sedici ballerini e ha messo in scena uno show ricco di luci ed effetti speciali.
Il pubblico è rimasto letteralmente incantato da Maddy e ha cantanto insieme a lei tutte le sue grandi hit!
Le foto sono del favoloso Dusan































Un video amatoriale

giovedì 27 agosto 2009

Roberto Spagnoli


Mi chiamo Roberto Spagnoli, sono nato a Verbania, sul Lago Maggiore, sono giornalista professionista e lavoro a Radio Radicale.
Non sono mai riuscito a fare progetti sul mio futuro, ma ho sempre avuto le idee abbastanza chiare su quello che NON avrei voluto fare nella vita.
Le mie prime esperienze radiofoniche risalgono alla seconda metà degli anni '70, all'epoca delle "radio libere". Anni di grandi speranze e di gran divertimento.
Raggiunta la maggiore età e conquistata la maturità (nel senso di diploma), mi sono iscritto al Dams di Bologna e me ne sono andato di casa trasferendomi a Milano. Volevo fare l'artista e ho lavorato qualche anno in vari gruppi di teatro underground (nel vero senso della parola). Nella "Milano da bere" per me sono stati anni di autentica vita bohemienne. Poi grazie ad un laboratorio teatrale con Giorgio Albertazzi ho capito che il palcoscenico non era roba per me.
Assolti i miei doveri verso la patria (venti mesi di servizio civile sulle ambulanze) mi sono trasferito a Roma e dopo una breve esperienza di lavoro nel cinema (non come attore) ho lavorato per sette anni al Partito radicale attraverso il quale sono approdato a Radio Radicale rendendomi conto che in fondo il giornalismo era stato sempre il mio interesse.
Mi piace molto viaggiare e mi piace altrettanto tornare a casa. Quando posso volo in mongolfiera. Mi piace il mare, amo molto la musica e stare a tavola con gente simpatica. Al mattino, se sono abbastanza sveglio, a volte canto sotto la doccia. Mi piacciono molto anche i gatti.


"Cerco di fare il mio lavoro meglio che posso. Ho cominciato a occuparmi con continuità di sud est europeo quasi per caso più o meno sei anni fa e se c'è una cosa che ho imparato in questo tempo è che quando si parla di Balcani non bisogna avere certezze perché quando si pensa di avere capito tutto è proprio il momento in cui si sta andando fuori strada."



Passaggio a sud est

mercoledì 26 agosto 2009

Zlatan Ibrahimović

Dedicato a Beppe (juventino) e ad Afis (interista)

Spero di non attirarmi addosso le ire di nessuno. Ho chiesto un po' in giro su che campione rappresenta i Balkani nel football e sono stati tutti daccordo per Ibra.

Zlatan Ibrahimović ( Malmö, 3 ottobre 1981) è un calciatore svedese di origine bosniaca, attaccante del Barcellona e della Nazionale svedese (le diaspore balkanike !)

Considerato uno degli attaccanti più forti e completi al mondo, è l'unico svedese ad aver vinto il Guldbollen per ben tre volte. È stato inoltre, quando militava nell'Inter con un ingaggio di 12 milioni di euro a stagione, il calciatore più pagato del mondo.
Certo che io non so' nemmeno quanti sono 12 milioni di euro !
Comunque mi è venuta tanta curiosità di saperne di più che ho guardato alcuni suoi filmati. Accidenti quanto è bello !! Ma d'altra parte.. bosniaco.. va da sè !


Nato a Malmö, in Svezia, da una famiglia di emigranti provenienti da Bijeljina, in Bosnia-Erzegovina, da padre bosniaco e madre croata, Ibrahimović cresce a Rosengard, sobborgo di Malmö densamente popolato da immigrati.

Da giovanissimo entra a far parte della squadra del FBK Balkan, aggregato alla formazione dei ragazzi di due anni più grandi di lui. Tra le sue prestazioni da bambino spicca quella nella partita contro il Vellinge, testimoniata da un video trasmesso da Studio Sport. Entrato nella ripresa sul risultato di 4-0 per la squadra avversaria, Ibrahimović capovolge le sorti del match segnando 8 gol e fissando il risultato finale di 8-5 per la sua squadra.

Nel 2001 entra nell'Ajax e vince due campionati olandesi (2002 e 2004), una Coppa d'Olanda (2002) e una Supercoppa d'Olanda (2002).


Nell'estate 2004 è la Juventus ad acquistare il giocatore per 19 milioni di euro.
L'annata è, però, segnata da alcune intemperanze, come il pestone a Córdoba e la testata a Mihajlović in Juventus-Inter 0-1 del 20 aprile 2005. In campionato colleziona 35 presenze e in totale segna 16 gol, ma non realizza nemmeno una rete in Champions League.
La testata a Mihajlovic' non và proprio bene !


In totale, in due stagioni con la Juventus, colleziona 91 presenze, 26 gol e 17 assist, e vince due scudetti, uno revocato e l'altro assegnato a tavolino all'Inter su ordinanza della FIGC del 26 luglio 2006, a seguito alle vicende di calciopoli.


Nell'estate 2006, in seguito alle vicende dello scandalo del calcio italiano, lascia la Juventus ed approda all'Inter, che si aggiudica l'attaccante per 26 milioni di euro, nonostante la concorrenza di Milan e Real Madrid. Le prime parole da nerazzurro di Ibrahimović sono:

« Da piccolo tifavo per l'Inter. Sono arrivato in una squadra molto forte, il mio futuro è qua. Sono stato molto professionale, ho rispettato il mio contratto, ma alla fine si è presentata questa occasione e siamo rimasti tutti contenti, io, l'Inter e anche la Juve. Questo è il calcio, dovevo pensare al mio futuro e il mio futuro è qui. Mi dispiace per i tifosi juventini, ma la vita continua. »


Dopo aver vinto la Supercoppa italiana con l'Inter, è uno dei protagonisti della stagione 2006-2007, conclusasi con la vittoria dello scudetto con cinque giornate di anticipo rispetto alla fine del campionato, terminato con 97 punti.

Nella stagione 2008-2009 si afferma come centravanti titolare dell'Inter di Mourinho, collezionando 34 presenze, 25 gol e 7 assist in campionato, 8 presenze, 1 gol e 2 assist in Champions League e 3 presenze e 3 gol in Coppa Italia. Il 19 gennaio 2009 riceve l'Oscar del calcio AIC come miglior giocatore e miglior straniero del campionato di Serie A 2007-2008 e anche il premio per il miglior gol dell'anno 2008. Viene inoltre inserito dai giornalisti de L'Équipe nella squadra ideale del 2008. Al termine del campionato di Serie A 2008-2009 si laurea capocannoniere del torneo grazie alle 25 reti messe a segno in 35 partite.

Sebbene nel 2008 abbia dichiarato di voler diventare capitano dell'Inter dopo Javier Zanetti, il 23 luglio 2009 Ibrahimović lascia il ritiro statunitense dei nerazzurri per ritornare in Europa a causa dell'imminente passaggio al Barcellona, club campione d'Europa in carica.
Il trasferimento è ufficiale il 27 luglio, quando Ibrahimović appone la propria firma su un contratto quinquennale. La società spagnola paga 50 milioni di euro all'Inter.
Liberamente tratto da Wiki.
Ringraziamo calorosamente Pietro e Paolo per la collaborazione.

Voi parlate, io gioco
Zlatan Ibra
Giocare con la palla

martedì 25 agosto 2009

Cuori migranti

Nei giorni scorsi mi è arrivata una bellissima mail da una simpaticissima ragazza che si chiama Chiara.
Lei ha sposato un ragazzo balkanico e mi raccontava alcune cose che succedono quando si incontrano culture diverse.
Naturalmente tutto positivo, ma ci sono effettivamente delle cose da discutere ad esempio su come educare un figlio.
Noi qui abbiamo l'esempio di Francesca che ha risolto tutto facendo fare doppio Natale al suo bambino, doppia Pasqua, tutte le feste ortodosse e quelle cattoliche, che poi è fare la gioia dei bambini, perchè a Natale doppi regali e a Pasqua doppio cioccolato.
Un po' più difficile sarebbe stato con un marito musulmano, ma niente è impossibile.
Tornando alla simpatica Chiara, vi devo dire, con immensa gioia, che ci regala un libro.


Il Coordinamento delle Associazioni e delle Comunità degli Immigrati della provincia di Trieste (Cacit) si propone come editore con Cuori migranti. In questa raccolta di racconti e poesie curata da Ingrid Stratti e Lorenzo Dugulin, autori migranti ed autoctoni si confrontano sul tema dell’amore nel tentativo di rimuovere i tabù e i pregiudizi che circondano le coppie miste.
Negli ultimi anni la società italiana ha subito numerosi cambiamenti non solo sul piano economico, ma anche e soprattutto sul piano sociale. Se del riconoscimento delle coppie di fatto si dibatte,l’esistenza delle “coppie miste” passa sotto silenzio a causa di un razzismo latente che impedisce a tutti noi di sentirci noi stessi nell’esprimere sentimenti affettivi nei confronti di qualcuno che viene considerato “altro”/“estraneo” o “straniero”. “Invece di essere vissuto come un evento naturale della vita l’incontro dell’amore e della migrazione – sottolineano i curatori – provoca sentimenti contrastanti e confusi. Raccontare e raccontarsi sono i migliori grimaldelli per forzare il tabù e l’alone di sospetto che circondano il tema dell’amore e della migrazione. Attraverso il dialogo reale e concreto tra “autoctoni” e “migranti”, che narrano e si narrano in questo volume, abbiamo cercato di sconfiggere, almeno in parte, i pregiudizi e gli stereotipi che generano un’insopportabile stigmatizzazione degli altri.
Il volume Cuori migranti si compone di contributi in prosa e poesia di venticinque autori ed è edito dal Cacit con il contributo della Provincia di Trieste. Il Cacit è la prima associazione di volontariato gestita da immigrati e da italiani ad essere diventata in Italia casa editrice, avendo già pubblicato le due antologie Sguardi e parole migranti (2005, “Premio Multietnicità 2006”) e Sapori incontri fragranze (2006).
comune.fe.it/vocidalsilenzio/cuorimigranti

A Chiara e a suo marito, ad Alessandro e Tamara e a tutte le coppie miste dedichiamo questa bellissima canzone.

domenica 23 agosto 2009

L'erborista di Biogradsko Jezero

Inserisci linkMentre riordino tutte le mie foto e appunti di viaggio, incomincio un po' per volta a mettere qui sul blog, le cose del mio viaggio nei balcani di quest'estate, che vorrei condividere con voi, cari lettori.
L'anno scorso, vi avevo parlato un po' di posti nel Montenegro, per esempio di Budva, di Kotor, e del monumento di Lovcen. Questa volta, passando dal Montenegro, mi sono fermata un po' di meno sulla costa e un po' di più nell'entroterra per scoprire le bellezze di questo piccolo stato. Nei dintorni di Budva c'è la magistrale E65 che porta a Cetinje (la vecchia capitale), a Niksic e poi a Podgorica (l'attuale capitale che una volta si chiamava Titograd).

Da li prosegue con la "magistrale" verso il confine con la Serbia passando dal pittoresco Kanjon Moraca (con il monastero Moraca) e da Kolasin per arrivare nei dintorni di Mojkovac (sul mio altro blog avevo fatto un post sull'albergo "Palas" di Mojkovac qui). Qui si trova un parco nazionale davvero speciale. Il parco nazionale di Biogradska Gora (qui il sito ufficiale, wikipedia italiana non conosce questa zona!) è di una bellezza mozzafiato ed ha pure una foresta vergine!


Il parco nazionale di Biogradska Gora è stato fondato nel 1952 e ocupa un territorio di 5'650 ettari.
Il punto più alto è "Crna Glava" (2139m). Il fatto più importante è che la foresta vergine che copre 1.600 ettari è una delle ultime tre foreste vergini d'Europa (perciò è sotto protezione). Il bellissimo "Biogradsko Jezero" (il lago di Biogradska Gora) è proprio nel centro della foresta ed è sotto protezione. L'acqua è talmente limpida che la foresta si specchia sulla superfice. Se volete fare il bagno, tenete conto che anche in alta estate la temperatura dell'acqua è intorno ai 17 gradi.....



Nel parco ci sono delle capanne di legno in cui si può dormire con una piccola spesa. Si può mettere la tenda oppure affittare una barchetta e girare un po' il lago. Oppure si fa il giro del lago a piedi, ci si mette una buona oretta ed è molto piacevole. (anche perchè è all'ombra delle enorme piante, di cui molte hanno più di 500 anni.)
C'è anche un ristorantino tipo baita di montagna con vista sul lago, che serve specialità del posto. Per entrare nel parco si paga un entrata (2 € per persona, e i "ranger" danno informazioni riguardanti le caratteristiche del parco oppure per pernottare).


"Lui che cura con le erbe: Dusan Kovijanic, erborista"


Dove si congiungono clima continentale e clima marino, qui dove si trovano una ventina di piante endemiche all'altezza di 1.100 m, qui a Mojkovac abita e lavora
Dusan Kovijanic, il papà del nostro amico Dalibor, che ci ha gentilmente ospitati a casa sua.
Da 25 anni Dusan coleziona piante, erbe e bacche, e man mano ne ha scoperte certe che possono curare anche batteri che fin'ora nessuno riesce a curare (per esempio cure contro l'Escherichia coli). A parte tante tisane che produce lui nel suo piccolo laboratorio di casa, ha sviluppato anche una pomata che ha chiamato "Daliboral" con cui si possono curare ben 40 malesseri. (Mio marito due anni fa, passando di qui, mi aveva portato una scatoletta di "Daliboral", cosi sono riuscita a combattere la sinusite , che, da quando ho utilizzato questa pomata, non mi è più venuta! tocco ferro!)

Come mai Dusan Kovijanic, che lavorava come geometra, ha deciso di fare l'erborista?
Racconta che quando 25 anni fa era malato, ha provato a curarsi con 10 piante, e si è chiesto perchè certe piante agiscono in un certo modo. Ha letto anche libri di altri erboristi serbi (травари) come per esempio Vasa Pelagic e Jovan Tucakov scoprendo sempre di più informazioni sulle piante ed il loro potere curativo.

Va a cercare piante e erbe al mattino presto o verso sera, poi a casa le lava, le sceglie, le taglia e le conserva nell'aceto.
Per fare la pomata "Daliboral" cuoce varie erbe insieme a grasso di maiale per 8 ore, quando prepara questo unguento occupa la cucina per tutta la giornata. Ne produce circa 25 kg all'anno e ne può fare 10 kg per volta (solo per darvi un idea: una scatoletta di "Daliboral" costa 4 €, ma ci sta dietro un sacco di lavoro e ricerca!)


I suoi prodotti non vengono pubblicizzati da nessuna parte e Dusan non possiede una pagina web. Chi passa da lui per comprare una tisana o per farsi consigliare qualche cura, lo ha saputo via "passaparola". Arriva abbastanza gente, perchè lui questo lavoro lo fa piutosto per motivi di ricerca. Infatti sta scrivendo un libro, che servirà anche per i medici (i quali in certi casi si rivolgono a lui...). È sopratutto interessato a salvare tutta l'informazione che ha trovato fin'ora e per scoprire la verità sulle sue erbe!
Per voi vi dico, che se passate a Mojkovac e chiedete per esempio in una kafana o negozzietto del travar Dusan Kovijanic, vi indicheranno la strada...solo cosi lo troverete!

Sta appena fuori Mojkovac in questa casetta! Qui eravamo ospiti e siamo stati benissimo: la famosa ospitalità balcanika!

E qui una piccola parentesi per Lina: alla mattina quando Dusan ha dato da mangiare alle galline ti ho pensato (e ho pensato anche alle nostre care galline nere di Pirot).

Qui a Mojkovac la gente (quasi tutti montenegrini e serbi) vive di agricoltura: in più il fatto che la cittadina (4.100 abitanti) si trova sulla magistrale che congiunge Podgorica a Belgrado ed è la porta per il parco nazionale di Biogradsko Jezero, fa si'che la popolazione possa vivere abbastanza bene.

In uno dei prossimi post vi presenterò un attore di questa zona....viene da Kolasin...ma vedrete!

venerdì 21 agosto 2009

Il mandolino del capitano Corelli


E' un bel po' che non parliamo di film ed è da sempre che parliamo poco di Grecia.
Ma la Grecia stà nei balkani (io direi!) e adesso in Grecia c'è la favola Alf per il matrimonio ortodosso del suo miglior amico.
A tutti i nostri migliori auguri.
Ma veniamo a questo splendido film. Ecco la trama :
Durante la Seconda guerra Mondiale la Grecia viene invasa dalle forze dell'Asse e il sud del paese viene affidato all'Italia. La giovane Pelagia (Penélope Cruz), figlia del medico Iannis (John Hurt), si fidanza con il pescatore Mandras (Christian Bale) ma questi, poco dopo, parte per combattere gli italiani sul fronte albanese. Le lettere che Pelagia gli invia restano senza risposta e il sentimento di lei si affievolisce. Occupata Atene dai tedeschi, gli italiani entrano di lì a poco a Cefalonia e a casa di Pelagia si stabilisce il capitano Corelli (Nicolas Cage), un ufficiale più appassionato, come i suoi soldati, alla lirica che alla guerra. Mentre tra Pelagia e Corelli nasce una forte simpatia, Mandras, tornato sull'isola, si unisce ai partigiani e si dà alla macchia. Arriva il 1943 e, dopo l'armistizio dell'8 settembre, la Germania chiede che gli alleati italiani consegnino le armi come condizione per il loro rimpatrio. Nessun accordo viene trovato, e arriva lo scontro. Gli stuka tedeschi devastano la difesa italiana, Corelli e i suoi combattono coraggiosamente ma vengono circondati e portati in un campo isolato, e fucilati. Grazie al suo amico Carlo, che gli fa da scudo, Corelli si salva. Trovato da Mandras sul luogo della fucilazione, verrà portato in casa di Pelagia e lì curato. Siccome i tedeschi scatenano perquisizioni per trovare gli ultimi italiani nascosti, Corelli parte per l'Italia con l'aiuto dei partigiani greci e dà il suo addio a Pelagia. Nel 1947, a guerra finita, Pelagia ha intrapreso la carriera di medico seguendo le orme di suo padre, quando arriva per posta un disco a 78 giri con le musiche che Corelli aveva composto per lei. Il padre di lei vuol farlo tornare, ma un terribile terremoto....
Un bellissimo discorso sull'amore. Tutto, nella libertà, è possibile.
Una tra le scene più belle !

giovedì 20 agosto 2009

Kad budem mrtav i beo (1967) - Audicija



La prima volta che sono andata in Serbia, un amico un po' anzianotto mi cantava in italiano la canzone di Little Tony: Cuore matto.
Lì ho capito che nei Balcani sanno più cose di noi di quello che noi sappiamo di loro.
Ma.. io mi chiedo.. non ci potrebbero fare un provino ?
Noi non andiamo poi così male !
Avremmo questo e questo pezzo !

Kad budem mrtav i beo (1967) - Audicija



martedì 18 agosto 2009

Noi radioamatori balcanici...


Io non so quanti di voi conoscono il mondo dei radioamatori.
Per i “non addetti” potrei cercare di spiegare prendendo ad esempio le radio che ci sono sugli aerei, sulle autoambulanze , sulle macchine della polizia, ecc…
Vi sono molte frequenze radio: alcune dedicate agli usi sopra citati ed altre proprio per i “radioamatori” ovvero coloro i quali svolgono un servizio tipo “protezione civile” o puramente chiacchierano e dialogano come passatempo.
E’ bastato che un giorno dicessi alla radio l’indirizzo del mio blog e in poche ore sono arrivate 208 persone sul mio sito. E’ la potenza delle onde radio. Ringraziamo Nikola !
Molti mi hanno fatto notare che continuo a dire di essere radioamatrice , ma non racconto nulla di ciò ed eccoli subito accontentati.
Abbiamo già detto che i radioamatori italiani aiutavano quelli serbi nel ’99 durante i 78 giorni di bombe NATO.


In particolare un mio amico ha captato una discussione tra un pilota di un caccia e la base che probabilmente era in Ancona.
Il pilota era sull’obbiettivo : l’ufficio postale di Cacak. Ha chiamato la base dicendo : - Sono sull’obbiettivo, ma non posso sganciare perché è pieno di persone.
Dalla base la risposta è stata : - Fai un volo radente, spaventali e quando scappano sgancia.
Il pilota ha fatto un volo radente , ma la folla aumentava invece che scappare.
Come si dice a Roma .. de’ coccio!
Allora il pilota, che era più impaurito di tutta la folla messa assieme ha gridato alla base: - Non se ne vanno, che faccio ? Li ammazzo tutti ? E’ pieno di donne e bambini.
Un attimo di silenzio dalla base, poi:- Ok, vai al secondo obiettivo.
Il secondo obiettivo era esattamente come il primo e così il 90% dei caccia era costretto a sganciare le bombe in mare al rientro, perché non si può atterrare con 2 bombe a bordo.


La stessa sera del volo radente sulla piazza dell'ufficio postale, Boban Novakovic si reca al lavoro.
Boban lavora alla Sloboda, che fa tre turni lavorativi, sette giorni su sette per dimostrare alla NATO che non è poi così facile piegare i serbi (posso confermare).
In piena notte, con tutte le luci accese si iniziano a sentire i caccia e gli operai si fermano e si guardano terrorizzati.
Poi improvvisamente la prima bomba e gli operai scappano a rifugiarsi in un tunnel che era stato scavato nella collina.
Da quel momento, per 6 ore, solo e solamente un "perfetto inferno".


Quelle 6 ore le ho sentite raccontare da molti perchè vicino alla Sloboda vivono diversi miei amici.
La famiglia di Miky era in cantina con i vicini e per 6 ore non hanno smesso un attimo di pregare, mentre la famiglia di Branko aveva trovato il coraggio di salire in macchina e cercare di allontanarsi. Ma anche la fuga non era facile, perchè la Sloboda non era l'unica fabbrica presa di mira.
Questo lo dico perchè quando parlo con gli amici del bombardamento NATO nessuno mi crede che sono stati attaccati anche obiettivi civili.
D'altra parte sono stati migliaia i morti tra la popolazione, quindi credo che sia evidente che ciò che dico è supportato dai fatti.
In quelle ore i miei amici radioamatori di Cacak hanno svolto un lavoro impareggiabile. Tenete conto che tutte le comunicazioni telefoniche possono essere intercettate, mentre quelle radio sono più difficili da intercettare e poi non ci si presenta mai col vero nome.
Tutto questo ve l'ho raccontato perchè sembra che parliamo di 60 anni fa, invece sono passati solo 10 anni e visto che in Italia stiamo mettendo le basi per farci una bella guerra tra noi, è sempre meglio tener presente che cosa sia la guerra !
Naturalmente questa non era "guerra", ma bensì un bombardamento umanitario.

domenica 16 agosto 2009

A.Sanja Ilic & Balkanika


Cari amici... ho un'altra cotta!
Ma secca secca !!
E stavolta mi sà che mi invidierete in molti, perchè non è da tutti essere amici di Aleksandar Sanja Ilic'. Io sì ( va bè.. solo in face book ) !
Non ho molto da dirvi. Ha un sito meraviglioso ed è meraviglioso lui con il suo gruppo.
Aleksandar era sotto i bombardamenti umanitari NATO nel '99 e in quei giorni ha scritto: Moj grad jos peva ( My city is still singing )
Non ci sono parole sufficenti a descrivere il loro concerto al Kalemegdan.
Incredibile veramente, sia come musica, che come scenografie.
10.000 persone sotto un'acqua torrenziale eppure nessuno che si accorgeva del diluvio.
Grandi, grandissimi, favolosi, favolosissimi !



Plava ptica
Ostrog
Korana
Dolina suza

balkan_crew@yahoo.it

venerdì 14 agosto 2009

Tutti i "serbi cattivi"

Il 12 Giugno 2002 è una data che mi ricorderò per lungo tempo.
Quel giorno sveglia all’alba, le ultime cose messe in valigia velocemente e via alla stazione.
Mi ricordo il mio cuore che palpitava a 1000 e mio marito bianco come un lenzuolo.
Partivo per la Serbia. Era il mio primo viaggio senza la mia famiglia ed era il culmine di un percorso durato 3 anni. Più che un percorso era stato un calvario.
Avevo iniziato a parlare con la Serbia per radio 3 anni prima, quando i radioamatori italiani aiutavano quelli serbi ogni qual volta partiva un caccia da Aviano.
I radioamatori serbi erano diventati bravi e sapevano già dove i caccia sarebbero andati a colpire in base al posto in cui entravano in Serbia.
Ma torniamo al mio calvario. Gli anni 1999/2000 non sono stati facili per la mia famiglia.
Mio marito aveva perso il lavoro e io ero arrivata a sfiorare l’anoressia per dei problemi con i miei genitori .
Più e più volte avevo cercato di andare in Serbia a conoscere i radioamatori che conoscevo solo tramite la mia stazione radio. Tutti cercavano di mettermi i bastoni tra le ruote per non farmi partire. In particolar modo la polizia. Quando sono andata in questura con mio marito per il passaporto , la poliziotta si è rivolta a lui urlando :- dappertutto, anche a Cuba, ma non la mandi in Serbia, sono tutti criminali !
Poi un giorno, sfruculiando in internet, leggo la storia di Vera Novakovic. Subito mi balenò l’idea che avevo trovato una via di uscita.


Così quel 12 Giugno sono andata in treno fino a Treviso e poi in macchina con Vera fino a Cacak.
Che viaggio è stato ! Ero autista di una missione umanitaria. Già la cosa mi sembrava più grossa di me. La macchina era talmente strapiena che non riuscivo a frenare. Tre frontiere ed a ogni frontiera perquisizioni a tappeto. In Croazia Vera mi mostrò i campi minati ancora delimitati da un nastro rosso.
A Belgrado arrivammo di notte. Dall’autostrada entrammo subito nella via del fumo. Otto palazzi presidenziali sventrati dalle bombe. Davanti ad un palazzo c’era ancora la scritta : “Si consiglia ai passanti il marciapiede opposto. Il palazzo è un obiettivo militare”


Io avevo il cuore in gola. Ma come … era tutto diverso dal sofà di casa mia. Mi ricordo di aver pensato che la dovevamo far pagare a quei serbi cattivi. Quella sera ho pianto tanto anche se non mi sono fatta accorgere da nessuno.
Siamo stati ospitati da un parente di Vera, un ambasciatore in pensione. Un bravissimo uomo che mi ha detto :- Questa è casa tua , ma fai attenzione al rubinetto del bagno che è rotto.
Io appena entrata in bagno ho aperto il rubinetto e l’acqua è schizzata al soffitto.
Cosi’ quel povero anziano serbo era sulla porta del bagno che mi guardava con compassione , scuotendo la testa e dicendo : - italiani, puhah !


Il giorno dopo a Cacak ho finalmente conosciuto i miei amici radioamatori.
Seduti ad un tavolo di un caffè e davanti ad un bel caffè turco (che roba la prima volta !!!) guardavo i miei amici e mi chiedevo se quelli erano i serbi cattivi.
Uno di loro mi colpiva in particolare. Era giovane , ma sembrava avere 50 anni. Aveva le dita dei piedi fuori dalle scarpe consumate ed era senza denti. Lavorava dalle 7 di mattina alle 3 del pomeriggio in fabbrica per 36 euro mensili. Dopo il primo lavoro andava a fare l’imbianchino, l’idraulico, l’elettricista, il meccanico e qualunque cosa gli permettesse di riuscire a mangiare qualcosa.


Quel ragazzo aveva 2 lauree in ingegneria e non sapevo sarebbe diventato come un fratello per me.
Da quel lontano giorno le cose sono cambiate. Adesso vado in Serbia tutti gli anni. Mi sento più sicura che nel mio quartiere. Non esiste la microcriminalità, almeno nella piccola cittadina di Cacak.
Quel che trovo la è la situazione , piuttosto surreale, dei nostri tempi di guerra, quando ci si aiutava l’un con l’altro.
Mi ospitano nelle loro povere case e mi danno un piatto di minestra fatto con le verdure del giardino, ma è tutto ciò che hanno e per me ha un valore infinito.
Un giorno in una casa povera ho visto la padrona di casa arrivare con delle tazzine da caffè comprate al mercato.
La signora era andata al mercato facendo circa 2 km a piedi ed era tornata stanca morta con la spesa. Io ho fatto lo sbaglio di dire : Che belle quelle tazzine !
E lei :-Sono tue ! Ma la signora che non aveva i soldi per l’autobus ci avrebbe messo altri 6 mesi di sacrifici per ricomprarsi le tazzine, così ho provato a rifiutare.. ma nulla da fare. Ho dovuto prendermi le tazzine che conservo come delle reliquie.


C’è un’ultima soddisfazione che mi devo prendere: tornare da quella poliziotta che mi voleva mandare a Cuba per dirle che mentre io viaggiavo su e giù per i balkani pericolosi, due nostri connazionali sono morti proprio a Cuba

Alcuni buoni motivi per andare in Serbia.

balkan_crew@yahoo.it

giovedì 13 agosto 2009

Storie di Balkani



Mi sono diplomato in violino nel ’97. Stavo con Ingrid dalla fine del ’95 quando da Trieste giunse a Udine. Ospitata prima da una signora che l’aveva accolta in casa - ma celava interessi personali -, poi da un prete che oltre a chiederle di pulirgli la canonica le chiedeva di spalmargli fantomatici olii, Ingrid decise ad un certo punto di cambiare alloggio e di dividere l’appartamento con un nostro amico nigeriano, Dominic (al secolo Achoson Perfect Ikediala). Naturalmente ho sempre tenuto d’occhio la situazione perché per quanto mi fidassi era pur sempre un uomo. Ma l’ha sempre considerata come una sorella. Ora Dominic è in America, alla fine è partito senza salutare, ma gli vorremo sempre bene.

Giovane, bella, talentuosa violinista Ingrid aveva un passato molto duro alle spalle: figlia di Ferdinand Shllaku, fisarmonicista e tornitore scutarino, si portava sulle spalle la repressione durata mezzo secolo del regime di Henver Hoxha nei confronti della sua famiglia.

Morto Hoxha, durante la reggenza di Ramiz Alìa ed al termine di quelle che in Italia sono le scuole medie inferiori le sottrassero il violino e la possibilità di proseguire gli studi musicali avviati all’età di 6 anni. Fu avvertita il primo giorno di scuola: “Ma come? Non sai che non puoi frequentare la scuola d’arte? Sai perché, no…?” Fondamentalmente era anticomunista e cattolica.

Rimase a casa qualche giorno a disperarsi, poi cedette e dovette iniziare la scuola, una sorta di liceo scientifico nella periferia di Scutari conosciuta come Kiras. Kiras era già allora un quartiere malfamato, Ingrid si trovò unica cattolica dell’enorme classe di studenti. Tutto questo le consentì di ricevere un’educazione ampia e non prettamente umanistica come al contrario sarebbe accaduto se avesse continuato con la scuola superiore musicale.

A diciotto anni, dopo la maturità, raggiunse la sorella, sposata in Italia con un suo concittadino che aveva ottenuto la possibilità di soggiorno grazie a lontane parentele italiane.

A Trieste, la diciottenne Ingrid, fresca degli studi liceali, si iscrisse ad un’altra scuola superiore italiana pur di ottenere il permesso di soggiorno, un liceo linguistico. Per l’ottenimento dei documenti fu aiutata da un padre Gesuita che viveva a Trieste, che seguì le pratiche. Padre Mariotti, scomparso di recente fu un personaggio molto importante, diede una svolta radicale alla vita della giovane. A 18 anni frequentava nuovamente un liceo con i quattordicenni, faceva le pulizie in alcuni appartamenti per contribuire all’affitto della sorella e cercare di mantenersi. Ma il suo “chiodo fisso” era il violino.

Prese il coraggio di rivolgersi ad una scuola privata individuata vicino a casa, a Trieste. Le prestarono un violino, non le fecero pagare la retta e così ricominciò dopo 5 anni (Esistono ancora persone di cuore). Nell’arco di un anno e mezzo diede tutti gli esami basilari e complementari (non venivano riconosciuti gli studi albanesi) lavorando e studiando, stupendo i docenti e chiunque incontrasse per la determinazione e l’incommensurabile talento. Oggi suona con una delle più importanti orchestre d’archi da camera italiane. Un altro religioso che poi è diventato un mio carissimo amico e che purtroppo di recente ci ha lasciato, Padre Silvio Bellotto, rappresentò un altro importante tassello: le fece prima provare alcuni strumenti dunque gliene procurò uno, da restaurare, che Ingrid suona a tutt’oggi!

Fra mille peripezie e tanta voglia di fare giunse ad Udine dove ci conoscemmo, io diplomando al Conservatorio, lei neoiscritta.

La prima frase che imparai in albanese fu “Te ha”: ti mangio. Era il giorno di S.Valentino dell’anno 1996. Il dieci febbraio c’era stato il primo scambio affettuoso, il 20 febbraio del 1999 ci sposammo in Comune, il 3 luglio del 2003 in Chiesa con il rito cattolico seppur io sia cattolico per modo di dire….

L’Albania mi entrò sotto pelle fra il ’97 ed il ’98, gli anni dei disordini che io chiamo “guerra civile” e che la ridussero a quello che è oggi. Mio suocero venne in Italia con un visto di lavoro, ma pur di stare qualche giorno vicino alle figlie -che non vedeva da anni- sforò i giorni di permesso. Nel frattempo, a maggio del ’97 i disordini raggiunsero Scutari e lui ebbe a rientrare furiosamente in Albania dove c’erano la moglie, la suocera e il figlio piccolo Armando. Con questa repentina uscita dall’Italia non ebbe il tempo di ritornare a Bari dove non gli avrebbero mai controllato i documenti alla frontiera, così si “beccò” un’espulsione che lo fece soffrire come una condanna ingiusta per il peggior reato.

Cercavamo di tenerci in contatto, non avevano il telefono e riuscivamo sì e no a prendere la linea dalla cabina una volta alla settimana con costi esorbitanti, il più delle volte le tessere da 10.000 lire si esaurivano senza nemmeno poter parlare per errori di linea. Dovevamo chiamare i vicini di casa. Riattaccare ed attendere l’arrivo dei suoi. Ritentare a chiamare. Spesso senza risultati. E sentivamo al telegiornale ogni giorno di morti e di attentati…

Fra il ’97 ed il ’98 facevo il servizio civile presso la Caritas e lavoravo con Ingrid. Gestivamo un circolo privato culturale, ma noi due “amorini” facevamo un po’ di tutto, in particolare cucinavamo e ci eravamo creati una bella cerchia di soci/amici… mangioni! Prezzi popolarissimi e piatti balcanici (oltre alle serate di cucina messicana, alle paelle ed altre specialità!). Al mattino prestavo il mio servizio civile presso gli uffici della Caritas come furiere dei 20 obiettori di coscienza, al pomeriggio servizi sociali: per anziani, matti e malati di AIDS, nel Bronx della mia città, si faceva la spesa, gli si fissava gli appuntamenti all’ospedale, al SERT o al CSM (Centro Salute Mentale) o si passava con loro semplicemente qualche ora per mitigare l’affanno della vita.

Non mi consentirono mai di lavorare all’ufficio emergenze cui si rivolgevano molti albanesi: “conflitto di interessi” mi dicevano, sapendo che avevo la fidanzata albanese e temendo che potessi abusare dell’ufficio con la scusa che “ero troppo emotivo”, che mi lasciavo coinvolgere troppo dalle povertà, dalle emozioni…

Ad ogni modo quando cominciarono a giungere i Kosovari dai confini della Slovenia, mi “riabilitarono” per il mio albanese seppur ancora maccheronico, ma diedi un grande aiuto (ai Kosovari in fuga… non seppero mai alla Caritas cosa dicevo loro… e forse è meglio così). La sera al termine del servizio ricominciavo con il Circolo e terminavo attorno alle 3 del mattino. Ingrid si addormentava letteralmente in piedi in cucina: faceva le pulizie in un paio di pub al mattino, poi passava la giornata a studiare violino in Conservatorio e quindi… era normale fosse stanca! Io sopravvivevo, ma è stato un anno durissimo in cui cominciò a rivelasi in me anche questo fottuto compagno… il mio Morbo di Crohn.

Avevo preparato i documenti per ottenere il visto di studio per mio cognato che compiva 18 anni e che in Albania rischiava di finire arruolato, giunse il periodo della mia licenza “ordinaria” e lo iscrivemmo ad un corso di parrucchiere (sborsando 3 milioni di lire, tutto quello che avevamo in parte). Io richiesi alle autorità il permesso per espatriare (cosa quasi impensabile durante la leva) per andare in Albania, recuperare il diciottenne, e tornare.

Me lo concesse un maresciallo cui in cambio promisi una bottiglia di Cognac Skenderbeg.

Partimmo da Trieste in traghetto. 25 ore di mare. 25 ore di speranze. 25 ore di ricordi e lacrime di Ingrid. 25 ore di domande per le quali solo oggi ho delle risposte… e non per tutte!

Sbarcammo al porto di Durazzo dove nugoli di zingarelli ci chiedevano soldi. Io portavo uno zaino da montagna con scatolame e alimentari in polvere, una smerigliatrice per mio suocero, una pentola a pressione, e Dio solo sa cos’altro perché pesava più di 40 kg. I poliziotti vedendo il passaporto italiano mi chiesero soldi, ma fuggii letteralmente perché portavo nel portafogli 800.000 lire che i miei genitori mi avevano regalato per la famiglia di Ingrid. Temevo mi rubassero tutto. Andò bene.

Il padre di Ingrid doveva aspettarci al porto, ma passammo oltre un’ora ad aspettare fra sibili di pallottole e mercedes impazzite guidate da bambini zingari e montanari dall’aspetto orribile. Non v’era che terra battuta e polvere. Paura. Abbandono. Tutti portavano a tracolla un Kalash e tutti sparavano raffiche in aria. Esplosioni qua e là, sordi boati. Ancora polvere e vetri rotti.

Poi vedemmo lontano, dietro una ringhiera Ferdinando che ci chiamava. Non eravamo usciti dal porto, ma non lo sapevamo: superato il cancello e vedendo il via vai delle macchine, eravamo convinti di esserne fuori! Alla fine riuscimmo a ricongiungerci a mio suocero e partimmo sulla sua Talbot Horizon sgangherata.

Avevano ucciso un uomo, durante quell’attesa a pochi metri da noi. Ma sembrava far parte di quella scenografia.

Ferdinando era pallido, bianco. Temeva il viaggio. Bucammo tre o quattro volte i pneumatici perché l’asfalto era praticamente impraticabile senza un a mercedes o un fuoristrada, per fortuna c’era un gommista quasi ogni chilometro. Ma Scutari era molto lontana. Ci mettemmo quasi 7 ore con il terrore di transitare, all’imbrunire, per Torovica, una zona malfamata dove al passaggio dei veicoli le donne gettavano dalla montagna massi al fine di colpire i veicoli, fermarli e far sì che gli uomini a valle potessero depredarli.

Un incubo che ci portò fino a Scutari. Incolumi. Ma gravemente feriti, dentro.

Entrare in quella città mi fece capire il valore della vita, potevo essere morto invece stavo nascendo di nuovo senza morire. Mi sentivo finalmente a casa e Shkodra è diventata per me la mia seconda città natale.

E da qui in poi non sono più stato solo Alessandro, il mio nome è anche Skender e faccio parte anch’io della Diaspora.

Scutari

Ti ho conosciuta pallida
come un pastello,
avvolta nella nebbia
e nel torpore di una notte
cinquantenne.

Ho visto i tuoi bambini,
zingari e borghesi,
nella ressa del mercato della frutta
e ho raccolto i loro sguardi
profondi, ma senili.

Pomeriggi sui bordi delle strade
i muratori consumano i backgammon
assieme al lauto pasto
e sognano la fuga
dalla polvere.

Ma torno e ti ritrovo devastata
dall’odio e dalla guerra,
in una Babilonia
di carnefici e di santi,
quei bambini.

Fra il pianto dei bengala
improvvisate contraeree
perforano squartando,
e il lago, il tuo bel lago,
è sempre più scarlatto.

Lirì! Demokracì!
Invece, torturato,
rimpiango quei momenti
di gioia e povertà
e muto mi tormento
di fronte allo sfacelo
della grande civiltà.

E prego e m’inginocchio
e grido al cielo e al mare:
"Ti prego mio Signore,
che tu sia Cristo o Allah,
ridona alla mia gente
la sua bella città!"

Ma ancora il pianto serra
la mia voce rabbiosa
e quindi inghiotto
e taccio.

Aspetto che il tuo seno
riprenda ad allattarci,
la tua gamba a cullarci,
le tue dita accarezzarci,

O Rozafa.

Madre, aspetto.



Alessandro Zilli

martedì 11 agosto 2009

Artur e i complicati viaggi balkanici


Artur è un nome completamente inventato, ma è l'unica cosa inventata di tutto ciò che sto per raccontarvi.
Artur è albanese ed ha sposato una bellissima ragazza, albanese anch'essa. Per mantenere la famiglia è stato costretto ad emigrare prima in Macedonia, poi niente poco di meno che a Belgrado e poi in Italia.
Ora vive in Italia con i suoi 4 figli.
Nel 1996, in piene guerre balkanike, aveva deciso di tornare al paese con la famiglia per rivedere i suoi cari.
Con la moglie e i bambini e la sua macchina vecchia e sgangherata ha fatto un viaggio che noi della crew conosciamo molto molto bene, ossia è passato da nord, ovvero dall'Ungheria.
Giunti presso città di Baja, non molto lontani dal confine, ma in aperta campagna, la macchina si rompe.
Artur e la moglie sono dipserati. E' notte, solo campi a destra e a manca.
In lontananza si vede una casa e Artur decide di andare a chiedere aiuto.
La casa è abitata da due signori che aprono la porta ad Artur e gli promettono due meccanici.
Ma Artur insiste per chiamare la polizia. Nulla da fare. I due signori chiamano i meccanici.
Dopo un po' arrivano due tipi loschi.
Il figlio più grande di Artur inizia a dire :
- Papà non ci fidiamo di questi 2.
Ma Artur è una persona onesta e se sei onesto, ti aspetti che lo siano anche gli altri.
I due dicono ad Artur di togliere le valigie perchè devono guardare dappertutto dov'è il guasto.
Dopo un po' di lavoro la macchina parte e Artur s'illumina d'immenso, ma solo per un attimo, perchè, in men che non si dica, i due salgono sulle due macchine e scappano.
Artur inizia a piangere con la moglie e i figli. Quasi non ci crede. Una macchina vecchia e stravecchia, perchè rubarla ?
A questo punto del racconto faccio una pausa perchè io sono scoppiata a ridere.
Chiedo scusa ad Artur e a tutta la sua famiglia, ma mi sono venute in mente tutte quelle dicerie : albanesi tutti criminali, il popolo dei coltelli...
E invece quel povero uomo si era fatto fregare una carcassa di macchina da due criminali di xxxx .
Ma Artur è religioso e credente ed anche disperato. Torna alla casa e gli dice cio' che era successo, ma quei due non ne volevano sapere di nulla.
Allora Artur torna all'auto e guarda la moglie, i bambini e le valigie.
Alla vista delle valigie Artur capisce che c'è sempre una via di speranza, perchè avrebbero potuto anche rubargli l'auto con le valigie dentro, invece gliele hanno lasciate.
Iniziano a fare l'autostop, ma è piena notte, tempo di guerra, poche macchine e nessuno che si ferma.
Sull'autostop faremo in seguito una riflessione, ma a questo punto cosa credete che sia successo ?
Ma Nostro Signore non ci lascia mai e poi mai a piedi !
A questo punto è arrivato un angelo.
Non vi crediate che sia stato un angelo da quattro soldi, era un signor angelo !
Di ritorno dal viaggio in Austria per una partita di coppa Uefa, niente meno che il num 9 del Partizan !!!
Anche lui dall'Ungheria per non passare dalla Croazia. Tè credo !
Il sig. angelo si ferma, carica Artur e tutta la famiglia con le valigie e li porta fino al confine.


Al confine Artur e la sua famiglia devono scendere e noi di balkan-crew sappiamo il perchè.. ma vi spiegheremo in seguito.
Artur è nuovamente in strada con la moglie e i bambini. Tutti con i passaporti albanesi e la frontiera serba.
Ma chi l'ha detto che serbi e albanesi non vanno daccordo ?
Pensate forse che Nostro Signore abbia paura delle frontiere ?
E' arrivato l'angelo numero due.
Questa volta però era un angelo di serie b perchè c'era la guerra con la Croazia e tanti angeli erano impegnati.
L'angelo di serie b aveva una Golf beige e ha proposto ad Artur di portarlo fino a casa.
Artur tentennava. Erano 800 km, un viaggio lunghissimo. C'era la guerra, tempo in cui si ammazzava una persona per sole 100 mila lire.
Alla fine Artur accettò. L'angelo di serie b era anch'esso albanese, ma godeva di una serie di protezioni infinite anche in terreno serbo.
Saltata la frontiera, l'angelo B si muoveva in territorio serbo come se fosse casa sua e con un'organizzazione degna di un gran signore. Ad ogni provincia cambiava la targa della Golf.
Quella era un'operazione un po' delicata e lunga e quindi Angelo B tirava fuori il kalasmikof e sbullonava e rimbullonava le nuove targhe.
Tutto questo per 800 km, una famiglia di albanesi e un angelo di serie b in territorio serbo, durante la guerra.
Chi mi ha raccontato questa storia è il figlio di Artur, che adesso ha 27 anni.
All'epoca ne aveva 14 e quelle paure se le sogna ogni notte.
Il figlio di Artur lo chiameremo Eduart e vi posso dire che è arrivato su questo blog litigando a più non posso sempre per il fatto del Kosovo.
Io e Francy ci dicevamo sempre: c'è qualcosa che non va in questo ragazzo, sembra sempre che ti voglia dire qualcosa, ma poi non te la dice.
La sera che Eduart mi ha raccontato questa storia è stata una sera particolare.
Di giorno gli avevo presentato una ragazza serba, ma lei lo ha liquidato in 4 e 4 otto perchè gli albanesi non le vanno, le hanno fatto solo del male.
Ora Artur, ma soprattutto Eduart hanno un sogno: quello di ritrovare l'angelo num 9 del Partizan.
Non dovrebbe essere difficile e se ci aiutate ce la possiamo fare.
Ad Artur dico: ti pensi di aver incontrato due angeli, ma forse l'angelo l'abbiamo incontrato noi, oggi, qui ed è di qualità super !
Grazie!
Ad Artur e alla sua famiglia dedichiamo questa canzone. Ma questa storia l'avete già raccontata a Francesco Renga?
"Lei" è la guerra.