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Uno dei più antichi monasteri ortodossi, la più grande chiesa medievale di tutti i Balcani, con l’affresco bizantino più imponente e bello che si sia conservato fino a noi, giace dietro degli orrendi sacchi di sabbia e filo spinato..mentre arrivo all’entrata del monastero, girando a destra qualche km dopo Peč, il verde mimetico e una piccola torretta di controllo con i vetri, fortunatamente anti-proiettile, tutti sforacchiati, destabilizzano alquanto.. Visoki Dečani, culla della religiosità e dello spirito, con quasi 7 secoli di storia (fu consacrato nell’anno 1330 dal suo fondatore, Sveti Stefan Dečanski) assurdamente sembra doversi proteggere, costretto a nascondere la sua bellezza, la spiritualità che emana..
Entrando nella cinta muraria circolare, un po’ sopraelevata rispetto alla chiesa, ti colpiscono le montagne sotto le quali questo luogo incredibile è stato costruito..natura aspra e bellissima, torrenti di acqua spumeggiante ed un vento che attraverso le gole del Rugova sembra provenire direttamente dal Mediterraneo.. La sensazione di pace è immediata, ristoratrice dopo le immagini lì fuori..la prima cosa che penso è: non voglio più andare via..è un placidissimo pomeriggio di luglio, e il mondo e lo spirito degli umani, per quanto mi riguarda, si spiegano benissimo qui dentro..
Quando parlo di Dečani, e di quei momenti che ancora vivono dentro me non so mai se usare la parola “fortuna”, “coincidenza”, o “destino”..poi mi ricordo di quel monaco che mi raccomandò di usare una sola parola: “Provvidenza”..
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Iniziava a far buio..la macchina dell’ONU era un mezzo troppo importante, da non poter perdere..ma adesso mi faceva rabbia vedere il bianco ed il blu della scritta UN..di quanti peccati ci stavamo macchiando, noi “civilizzati”..che mostro stavamo aiutando a far nascere con i nostri sterili rapporti sul niente..
L’ultima cosa che feci fu un giro intorno alla chiesa, da solo, senza Antonella (la mia amica dell’Osce che ringrazio infinitamente) e Luigi, il mio compagno di Balcani..piano piano piangevo, da solo, e poi mi stesi sull’erba, istinto fetale di ritornare al grembo materno..chè quella la sentivo una terra di cui volevo essere figlio.. Questa è stata la mia prima visita a Dečani, e vorrei che tutti quelli che dicono che il Kosovo non è Serbia, avessero il coraggio di dirlo li’, guardando l’affresco del Cristo Pantocratore, guardando gli occhi di quella gente..
Quasi uscendo mi voltai, era buio e nello scuro delle vesti nere, delle poche luci, solo gli occhi chiarissimi di Padre Kiril si vedevano bene..”ricorda, la Provvidenza” disse.. “Amin..” risposi piano..
Alf