venerdì 16 ottobre 2009

Giacomo Scotti

Carissimi.. questo post giaceva nelle bozze quasi dal primo giorno. Ho incontrato Giacomo Scotti all'università di Torino e sono rimasta fulminata.
Davvero una persona pulita, schietta, sincera, semplice. Che dire di più !
Ha parlato per due ore e siamo rimaste a bocca aperta senza fiatare.
Per riassumere brevemente posso dire che viveva in Italia da giovane quando un soldato ha ucciso suo fratello perchè era partigiano.
Allora Giacomo ha deciso di trasferirsi in Yugoslavia e sotto Tito ha passato degli anni favolosi.
Bellissimo il racconto del suo viaggio ad Arandjelovac, il paese di Sandra che cogliamo l'occasione di salutare.
Ultimamente Giacomo Scotti è stato intervistato da Vic.


Giacomo Scotti è, in tutti i sensi, un uomo di frontiera, ottanta anni compiuti in questi giorni, vive tra Fiume e Trieste ed è diventato uno dei più grandi scrittori di quella che, in mancanza di meglio, chiamiamo ancora ex Jugoslavia. Nel suo caso potremmo definirlo come “scrittore della frontiera orientale”.
Uomo di frontiera, come si diceva, che nella sua vita ha visto abbattere molti confini prodotti dalla lunga guerra fredda ma che ne ha anche visti sorgere di nuovi, generati dalla sanguinosa disintegrazione balcanica. E sempre come uomo di frontiera necessariamente curioso e cosmopolita, ha spaziato dalla letteratura bosniaca a quella macedone, dalla poesia istriana ai reportage sulle guerre jugoslave, dalle ricerche storiche sulle foibe e sulla repressione dei “nemici del socialismo” titino fino alle fiabe e leggende dell'Adriatico, mare a cui è particolarmente legato e che contempla dalla sua vecchia casa fiumana e dalle rive triestine. Ha pubblicato più di centocinquanta opere in italiano e croato, spesso tradotte in più lingue.
 Allora, Giacomo Scotti, come è arrivato nell'allora Jugoslavia?
Io sono di Saviano, cittadina a venti chilometri da Napoli, e la mia storia è molto diversa da quella di coloro che varcarono il confine orientale per “costruire il socialismo” perché inviati dal PCI di Togliatti o per motivi ideologici come i tremila operai di Monfalcone. In realtà avevo avuto un fratello nella regia marina a Pola e proprio attraverso mio nipote conobbi le canzoni istriane. Poi gli eventi della guerra, la morte tragica nel 1943 di un fratello trucidato dai tedeschi in ritirata e la morte di mio padre mi portarono prima a fare la mascotte di un reggimento scozzese ed in seguito, nel 1947, a lavorare a Monfalcone e a Ronchi dei Legionari e poi a Pola e quindi a studiare a Fiume, dove l'università non costava e a cui mi legava il ricordo del fratello marinaio, scomparso nella battaglia di Capo Matapan nel 1941. Per mantenermi, iniziai a fare il tipografo, il correttore di bozze, il giornalista.
 Nessuna componente ideologica quindi?
Ideologica no, ma ideale si, e grande. Avevo circa venti anni e credevo molto nella costruzione di quello che era un mondo radicalmente nuovo, socialmente più giusto - si pensi solo all'idea dell'autogestione operaia -che affrontavo con grandi speranze e con grande volontarismo anche se le difficoltà erano immense: siamo vissuti male, con tanto di tessera di razionamento, fino al 1959, quando in Italia si assaporava già il boom economico. Come mi definirono scherzosamente alcuni amici successivamente, ero una specie di “profugo dalla parte sbagliata”.
 Quando si accorse che questo mondo nuovo presentava in realtà “difetti vecchi”?
Quando tutta la struttura creata da Tito diede segni di burocratizzazione e di insostituibilità, a cominciare da lui stesso, che avrebbe dovuto cedere il potere e non fare il presidente a vita. Accantonata la generazione partigiana che aveva fatto la guerra e che aveva creato la Jugoslavia socialista, affiorarono i carrieristi e la rotazione delle cariche si rivelò solo orizzontale, per cui le persone giravano tra diversi incarichi di potere, ma erano sempre le stesse. Guarda caso gli uomini che costituirono poi il partito di Tudjman provenivano disinvoltamente dalle stesse strutture di potere precedenti
Se a ciò aggiungiamo che la Costituzione del 1974 aveva permesso così tanta autonomia alle sei repubbliche jugoslave da svuotare il potere federale, allora si può dire che tutto era pronto per il tragico epilogo degli anni Novanta.
 Cosa rimane degli “slavi del sud” a quasi venti anni dallo scoppio delle guerre balcaniche?
Rimane un grande mosaico tragicamente rotto e non più riaggiustato, nonostante gli anni.
Le guerre hanno acuito distanze e differenze, mentre chi più ha saputo trarre profitto dal capitalismo che ha sostituito l'economia autogestionaria sono stati i business della corruzione e dei traffici di droga e di prostituzione, gestiti da una criminalità paradossalmente ancora jugoslava dato che è davvero multietnica e che gode della protezione offerta dalle molteplici cittadinanze permesse dai tanti Stati nati sulle ceneri della Federazione. In ogni caso abbiamo conosciuto una economia che ha premiato poche famiglie, ha creato tanti poveri e ha messo in ginocchio la classe media.
C'è un fenomeno curioso che chiamano jugonostalgia, che non è rimpianto del socialismo o della vecchia Jugoslavia – tutti qui hanno ancora paura dell’egemonia dell’altro - ma piuttosto voglia di giustizia, di benessere, di libertà. Oggi si fa fatica a spostarsi fra uno Stato e l'altro, non ci sono scambi culturali, perfino i libri di testo continuano a dividere nelle menti dei ragazzi, e questo impoverisce anche antropologicamente tutti questi popoli.
- Potrà l'Europa ricompattare le tante divisioni e le tante ferite con cui i Balcani hanno iniziato il ventunesimo secolo?
Non tanto l'Unione Europea, che appare piuttosto egoista, quanto l'Europa stessa potrà fare qualcosa ricordandosi semplicemente che i Balcani non sono un “altro” misterioso e minaccioso, ma sono Europa vera e da sempre: Europa romana, bizantina, veneziana, Mitteleuropa austriaca. Più che pensare alla Turchia l’Unione Europea dovrebbe aprirsi a questo “cuore dell’Europa”. Anche la Bosnia, oggi completamente adagiata sugli aiuti internazionali, ne avrebbe uno stimolo. Certo, c’è il problema del Kosovo: ma c’è ormai chi pensa che un Kosovo unito alla Serbia sarebbe stato un pasticcio ancora maggiore, vista la demografia divergente dei due paesi: meglio piuttosto “ritagliare” la città di Mitrovica alla Serbia, tutelare come zone libere i luoghi sacri cari alla fede ortodossa slava e per il resto lasciare il Kosovo al suo destino.
E’ stata la guerra fredda – che qui ha stabilito il suo lungo confine – ad aver allontanato per tanti anni i Balcani dall’abbraccio con l’Europa. Ma oggi è solo l'ignoranza reciproca che tiene in piedi le nostre troppe frontiere.

Vittorio Filippi


In questi giorni è stato presentato il suo libro:
"Obbedire non è una virtù, soprattutto quando la storia obbliga tutti indistintamente a prendere delle decisioni individuali. Giacomo Scotti ci racconta una storia apparentemente piccola ma emblematica di italiani che hanno scelto di entrare nelle file partigiane jugoslave titine, un risveglio di coscienza che ha trasformato degli occupanti in liberatori. Pagine apparentemente lontane di resistenza ma che in modo inquietante ci interrogano ancor oggi sulla nostra capacità di scegliere con la nostra testa, senza credere che gli eventi siano ineluttabili. Ne parliamo con l'autore (a sua volta partito dalla campagna napoletana per diventare jugoslavo nel 1947), cercando insieme di riannodare i fili della memoria senza aver paura delle tragedie che essa riserva.
Il bosco dopo il mare, di Giacomo Scotti (Infinito Edizioni, 2009)

10 commenti:

  1. Lo leggerò sicuramente volentieri.
    Ciao - Rita

    p.s. ..immagino l'intervista riportata sia quella pubblicata dal Corriere a fine 2008..

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  2. proprio quella rita.. e sai chi ce l'ha mandata ???

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  3. il più caloroso benvenuto a Kliment di Padova !

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  4. abbiamo un invito da Sami:

    On October 19th, 20th and 21st October 2009, Balkan Sunflowers Kosova and Romawood Productions will host Rolling Film Festival in the ABC Cinema, Prishtina.

    Rolling Film Festival will feature more than 20 films made by and about Roma worldwide. It will be the first of its kind in Kosova, focusing on the life, culture, and history as well as the rights and integration of Roma in Kosova and globally.

    During each of the three festival days, there will be a special school program for high school students from 9:00 to 13:30.

    The public program of films and discussions will run from 13:45 till 23.30 each day (including the first day). Selected documentaries and feature films will be followed by discussions between international and Kosovar filmmakers, civil society representatives, academics, artists and audience. Through these discussions, Rolling Film Festival will contribute to improved communication and understanding.

    The Opening Ceremony will take place on Monday 19th October at 19.00.

    Screenings are free of charge and the public is encouraged to take part in the discussions.

    We hope to see you there!
    Sami Mustafà

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  5. ciambu.. un amore infinito !!!

    http://www.reportonline.it/2009101737193/cultura/giacomo-scotti-autore-di-frontiera.html

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  6. un piccolo appello..
    giacomo mi aveva lasciato una mail, ma non mi ha mai risposto nessuno...
    adesso c'è una nostra amica che lo cerca..
    qualcuno sa come contattarlo ?

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  7. Giacomo Scotti a ze solo un gran mona, e lui lo sa. vasco vascon

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  8. per fortuna che se parli cosi' nessuno ti capisce
    ti chiederemmo di essere educato
    cosa basilare per poter commentare su un blog educato

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  9. Non si può sostenere che le sue analisi storiche siano imparziali. E' come se scrivesse "su commissione".

    Enrico

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  10. si.. è vero.. ma non credo che lui volesse essere imparziale..
    se il fascismo ammazza mio fratello.. io credo proprio che mi schiero dall'altra parte
    comunque grazie del tuo intervento enrico, sei il benvenuto

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