mercoledì 26 maggio 2010

Quando il mare si arrabbia


Nel nuovo porto ci aspettava la nave “La Speranza”. Questa nave era sempre appartenuta ai Lamaj, una famiglia potente, ma fuori da traffici “strani”. Per questioni conflittuali tra loro di sicurezza, il nipote più piccolo del vecchio Lamaj, Rezarti, al quale era intestata la nave, decise di mandarla in Italia. In città giravano voci che membri della mafia locale, Agroni e il suo braccio destro, Latifi, da tutti conosciuto come “Il cieco”, avrebbero chiamato Rezart e gli avrebbero chiesto di preparare la nave per spedire della gente in Italia.
A quanto pare Rezart Lamaj fu avvertito che se non portava a termine quel trasporto, gli fecevano un buco in testa …
Rezart non aveva nessun idea riguardo ai problemi tecnici della nave. Si era rotto lo zoccolo del timone della nave, ma Rezart non poteva saperlo.
Il 18 di Marzo a Valona si sparse la voce che sarebbe partita una nave piena di persona per l’Italia. La notizia arrivò quasi subito anche nella mia citta, Scutari. Mi interessai e feci tanti chilometri per andare a registrarmi. La persona che aveva contatti a Valona si trovava a Tirana. Avvicinandomi alla grande citta dell’ Albania centrale, sentivo di andare il contro alla morte. La strada era bloccata, durante tutto il tragitto incontrai pattuglie di persone armate. Spesso puntavano l’arma senza preoccuparsi che era carica. Qualcuno più in là sparava a raffica per aria. No comment. Dietro avevo i soldi che dovevo dare al “amico” per la registrazione delle partenza. Sudavo freddo. La paura era diventata parte di me. Il paese era in quella situazione da un mese ormai. Miracolosamente nessuno mi rapinò. Così quella nave divenne il mio unico pensiero. La mia unica speranza per una vita migliore. Incontrai questa “amico” a Tirana. Incontro breve. Gli diedi un milione di lire a persona. Per le mie figlie mi chiese di meno. Pagai in tutto tre millioni e cinquecento. Al ritorno il panorama era esattamente uguale a prima. Stavolta mi fermarono. Un uomo robusto mi mise la pistola in fronte e mi chiese di dargli la fede nuziale. Io non feci resistenza. Poi mi chiese se avevo dei soldi con me; gli dissi di no. Dopo aver controllato nel mio portafoglio per accertarsi che stessi dicendo la verità ordinò:
“Sali in macchina!”
Io misi in moto in fretta e furia. Ero salvo. Un frammento di sencondo mi sfiorò il pensiero che poteva anche uccidermi. Sembrava uno dal grilletto facile. Forse l’aveva intenerito la foto della mia famiglia che vide nel portafoglio. Forse anche lui aveva un cuore …
A Valona si organizzava la partenza. La persona che si occupò della raccolta dei soldi, del personale della nave, creazione delle liste dei passeggeri fu “ il cieco” . Invece Agron e gli altri vigilavano i comportamenti e minacciavano le persone che non erano più sicure di partire. Il 27 Marzo, verso le undicidi sera ci vennero a prendere. Il giorno dopo all’alba, arrivammo a Valona. Non mi ricordo se erano le sette o le otto, ricordo solo che faceva freddo. Molto freddo.
Le mie figlie dormirono durante tutto il tragitto. Meglio così. Dopo il tramonto, forse verso le 18.00 siamo partiti. La nave è piena zeppa di persone, oltre la sua capienza. Speravo che salendo su quella nave avrei salvato me stesso e la mia famiglia da quella vita di miseria in mezzo a pallottole che volavano da tutte le parti. Mia figlia dormiva sotto il letto. La paura era diventata parte della quotidianità.
Guardavo tutta quella gente come le api sopra quel corpo di ferro, e avevo poche speranze di toccare ancora una volta la terra. Eravamo così apicicati che era difficile resistere. Le donne e i bambini cercammo di sistemarle dentro la nave, assicurando a loro una protezione maggiore. Finché la nave partì, erano presenti Agron , “ il cieco” e un gruppo di persone armate. “ Il cieco” si comportava come fosse lui il padrone non solo della nave ma anche di quella massa di persone che cercava un destino migliore, una vita più dignitosa. Agron sembrava uno di quei Boss mafiosi che sovente erano presenti nei film. Attorno a lui c’erano i suoi uomini. Armati e pronti a farti fuori per niente.
Quando la nave si allontanò dalla riva e iniziò a navigare pensammo di aver lasciato l’eterna condanna.
In quel momento non vidi più nemmeno Rezart Lamaj, forse se ne andò con Agron e gli altri. Con le lacrime agli occhi cercavo di vedere per forse l’ultima volte la città di Valona. Ormai diventata un inferno. In quel momento ebbi il presentimento che non sarei più tornato nella mia terra! Circa due ore dopo la partenza scoprimmo che la nave aveva un difetto e non potevamo continuare il viaggio. Fu un momento di panico. Non si riusciva a comandare più la nave. Ormai il nostro destino e le nostre speranze si spargevano nel mare …!

Questo racconto è stato scritto da Leoreta Ndoci riferendosi a fatti realmente accaduti:
...riferendomi al 28.03.1997 quando l'Albania stava attraversando il momento più difficile della sua storia. Da poche settimane era scoppiata la guerra civile. La gente cercava di scappare da quell' inferno. Però la nave militare italiana "Sibilla" ha interrotto le loro speranze; prendendo 100 vite... :)
è la cosa triste è che poche persone si ricordano di questo "episodio" ... tanto erano solo albanesi...

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